La mafia è sbarcata in Sardegna. L’indipendentismo non taccia

Di Adriano Bomboi.

Che mafia, camorra ed altre associazioni a delinquere siano già penetrate nel nostro tessuto sociale non è una novità. Da tempo al tradizionale traffico della droga e della prostituzione si è associato il racket dell’estorsione (con ogni probabilità gli incendi in diversi locali galluresi ne sono un sintomo). E non meno importante è stato l’arrivo del riciclaggio di denaro sporco. Dove i proventi delle attività criminose vengono reinvestiti nel settore immobiliare, acquistando ville, condomini e resort turistici dietro una facciata di apparente legalità. Si spiega così anche quel curioso business dell’edilizia che in alcune zone costiere dell’isola ha edificato in tempi di crisi, nonostante la domanda di nuove case fosse colata a picco. Tutto da valutare invece il settore degli appalti per la raccolta differenziata dei rifiuti, su cui consigliamo agli organi preposti di effettuare delle verifiche.

L’indagine su Salvatore Cicu e di altri due esponenti locali di Forza Italia, stando all’accusa formulata dalla DDA di Cagliari a carico dell’eurodeputato, rientrerebbe nell’ambito del riciclaggio. Il politico forzista figurerebbe fra i beneficiari della milionaria vendita di un hotel di Villasimius per ripulire il denaro del clan dei Casalesi, nota organizzazione campana. Fatta salva la presunzione di innocenza a favore di Cicu, secondo il GICO della Guardia di Finanza il politico non poteva non conoscere la provenienza del denaro e la fama di alcuni suoi interlocutori coinvolti nella compravendita. Parte di questo denaro sarebbe transitato in una cassetta di sicurezza depositata presso una banca di Cagliari con un duplice scopo: quello di non tenere in casa il denaro per ovvi motivi di sicurezza, e quello di non versare direttamente nel proprio conto in banca una cifra tanto sospetta.
L’indagine nel suo insieme coinvolge 17 persone e sono stati sequestrati beni per un valore di circa 20 milioni di euro, terreni compresi.

Insomma, quanti sostenevano che il supposto individualismo dei Sardi sia sempre stato il miglior antidoto al crimine organizzato dovrà ricredersi, ma a dire il vero anche quanti esasperano il fenomeno oltremisura. Perché se è vero che esistono settori politici e sociali in penombra, bisogna ammettere che i noti episodi di corruttela politica e clientelare della Sardegna non hanno un livello di ramificazione e radicamento sociale minimamente paragonabile al contesto campano o siciliano. Ciò non deve indurci a dormire sonni tranquilli. Ad esempio oltre al racket dell’estorsione per il pizzo dobbiamo ricordare quello dell’usura: mentre in Lombardia la criminalità si getta a capofitto sulla realizzazione delle sostanziose commesse pubbliche, in Sardegna come nel settentrione italiano rischia di emergere sempre più il fenomeno dei prestiti ad altissimo tasso d’interesse. La causa? Naturalmente lo Stato, il cui fiscalismo costringe diversi imprenditori e aziende in difficoltà a chiedere prestiti facili alla malavita per sopperire ai problemi. Prestiti che normalmente le banche non erogano, data la condizione di crisi in cui versa chi si trova vicino al baratro.

Ed a proposito di Cose Nostre, sapete che da settembre nel carcere nuorese di Badu ‘e carros è detenuto in regime di 41 bis Leoluca Bagarella? Personaggio di spicco dei Corleonesi, cognato di Totò Riina e con un curriculum che vanta la strage di Capaci.

L’indipendentismo ha il dovere politico e morale di alimentare una dialettica per la trasparenza della pubblica amministrazione, contro la rapina fiscale e contro la sua elefantiaca burocrazia. Inoltre, come ripetiamo da anni, dovrà superare la sua ideologica resistenza all’operato delle forze dell’ordine, l’unico vero baluardo, spesso abbandonato dallo Stato, che nel nostro territorio opera con difficoltà per il contrasto al crimine.
Dobbiamo infatti considerare che oltre ai crimini occulti esistono anche quelli legalizzati dallo Stato, come le curiose coincidenze ed i conflitti d’interesse che coinvolgono la presenza dei poligoni militari nell’isola e gli amministratori di aziende per forniture militari che vi operano. Spesso, come denunciato da Mauro Pili e dal quotidiano L’Unione Sarda, sia gli ufficiali che tali amministratori sono le medesime persone. Un vero e proprio club. E la Regione non potrà esimersi dal chiedere conto al Governo centrale di questa situazione:

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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