Fregature sovraniste: Abbanoa applica il deposito cauzionale, di che si tratta?

Nel corso di queste settimane i consumatori sardi avranno in casa una nuova bolletta di Abbanoa, si chiama “deposito cauzionale”. Perché il servizio pubblico ci chiede di pagarlo? Cosa si nasconde dietro a questo nuovo balzello?

Dal 2014 è in vigore la delibera 86/2013/R/IDR (e annessa) dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI). Tale delibera consente ma – attenzione – non obbliga i gestori dei servizi idrici ad applicare un deposito cauzionale: cioè un dispositivo con cui il gestore crea un fondo di denaro col quale recuperare i soldi dei morosi che non pagano le bollette dell’acqua. In altri termini, Abbanoa chiede indistintamente a tutti di pagare gli introiti persi a causa dei furbastri che consumano acqua senza pagarla. I cittadini onesti dovranno pagare per quelli disonesti.
La ciliegina sulla torta dell’acqua “pubblica” è che il deposito cauzionale non aiuterà neppure quegli utenti che non hanno potuto pagare la bolletta per sopravvenute difficoltà economiche, come quelle dovute alla crisi. Ed a cui il servizio idrico chiuderà comunque i rubinetti, a fronte di una trafila di prevedibili ricorsi che il consumatore in difficoltà dovrà affrontare pur di non perdere un servizio essenziale.

Sostanzialmente si tratta di una misura con cui il gestore farà cassa sulla pelle dei sardi, dopo anni in cui la lottizzazione politica dell’ente, unita alla sua inefficienza, ha sperperato decine di milioni di euro dei contribuenti (per non parlare delle centinaia di milioni di euro di esposizione su investimenti mai realizzati). E soprattutto dopo che la Giunta Pigliaru, tramite l’assessore ai lavori pubblici Paolo Maninchedda, si è adoperato per rimettere nel buco nero di Abbanoa altri milioni di euro generosamente offerti dai contribuenti. Tutto questo succedeva, come ricordo spesso, mentre a Sassari i dipendenti dell’idromostro timbravano i cartellini per poi andare a spasso. Teniamo conto che proprio a Sassari, uno dei due maggiori azionisti pubblici dell’ente, assieme al Comune di Cagliari, diversi quartieri rimangono costretti a razionare l’acqua prima che arrivi la notte. Esattamente come a Beirut dopo i bombardamenti israeliani del 2006.

Per capire come i sardi siano arrivati ad avere un servizio idrico da terzo mondo bisogna risalire all’ideologico referendum sull’acqua pubblica di alcuni anni fa, in cui venne confusa la proprietà del bene pubblico con la sua distribuzione. Se teoricamente siamo tutti d’accordo nel tutelare l’acqua pubblica come risorsa accessibile a tutti, in tempi di spending review contro gli enti inutili dovremmo riconsiderare il ruolo dei privati per strappare al parassitismo politico la gestione di un bene così importante. L’alto numero di casi con cui Abbanoa ha slacciato l’acqua ad anziane indigenti, a famiglie in crisi ed a persone con gravi problemi di salute, dimostra che il servizio pubblico si è comportato peggio del più disonesto dei privati. E dopotutto, è bene ricordarlo, Abbanoa non pagò neppure i lavoratori privati della multinazionale spagnola Acciona Agua, impegnata nei subappalti per la depurazione di tantissimi impianti regionali.

Quanto accade quotidianamente con Abbanoa rappresenta un caso da manuale, già previsto, fra i vari, da due grandi premi Nobel per l’economia. La prima, Elinor Ostrom, nel suo saggio sul governo dei beni collettivi, mostrò tutta l’inefficienza dei servizi gestiti con modalità verticistiche rispetto alle migliori performance di quelli gestiti collettivamente dagli enti locali. Ciò tuttavia non significa che dovremmo tornare all’epoca dei distretti idrici precedente alla nascita di Abbanoa, dai quali peraltro l’idromostro eredita pesanti inefficienze. Infatti, il secondo economista, il padre della teoria della scelta pubblica, il liberale James M. Buchanan, sottolineò che la gestione politica di un servizio alla collettività non è rivolta a risolvere i problemi ma ad assecondarli. Perché il politico di professione lavora unicamente per garantirsi la rielezione e dunque per conservare la sua poltrona ai vertici della pubblica amministrazione. Non a caso anche in Sardegna il servizio idrico rimane inefficiente, inquinato da dipendenti disonesti raccomandati dai politici, mentre questi ultimi, ognuno in base alle rispettive responsabilità, continuano a pompare denaro pubblico senza la minima trasparenza, né sanzione sociale e politica del caso.

Il deposito cauzionale è solo l’ennesima trovata di questa spaventosa macchina mangiasoldi, e se la politica sovranista non fosse interessata alla sua conservazione avrebbe l’autorità politica, prima che legale, per imporre ad Abbanoa l’abbandono di questo nuovo balzello. Perché le singole manifestazioni di dissenso dei cittadini od una eventuale class action, alquanto debole rispetto alle disposizioni formali dell’AEEGSI, potrebbero non sortire alcun effetto. All’indipendentismo il dovere di intervenire.

Liberali e sostenitori dell’acqua pubblica possono quindi trovarsi uniti almeno per questa battaglia contro la rapina fiscale. Ad Arezzo, con la collaborazione di Federconsumatori, è stata già avviata una contestazione contro l’istituzione del deposito cauzionale. In quanto il gestore idrico agisce in regime di monopolio, imponendo unilateralmente agli utenti le proprie tariffe in assenza di concorrenza, senza dare loro alcuna possibilità di scelta.
Eppure in Sardegna non sono rispettati neppure gli standard minimi di potabilità dell’acqua. Servono altri argomenti per intervenire?

Adriano Bomboi, per Sardegna Soprattutto.

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    1 Commento

    • Il nuovo deposito cauzionale, si aggiunge quello che abbiamo pagato al momento dell’allaccio della fornitura! Ma dove ci sono questi corsi di ruberie? Ogni giorno di più siamo le vergogna del mondo!!!

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