No Tax: Da Siniscola, Bolotana e Villacidro un esempio per tutta la Sardegna
“No taxation without representation”, “no alla tassazione senza rappresentanza”. Era lo slogan dei primi rivoluzionari americani che si opposero al fiscalismo regio dell’Inghilterra. I cittadini chiedevano di essere ascoltati per contrastare una classe politica famelica e lontana.
E stavolta da paesi come Siniscola, Bolotana e Villacidro è arrivata una grande prova di forza, un esempio per tutta l’isola.
Lo scorso dicembre la più grande cittadina della Baronia si è ribellata all’amministrazione comunale, migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro una classe dirigente ormai inadeguata a comprendere la crisi dell’occupazione e dei consumi di tutto il territorio. Si è trattato di una giornata di sciopero del commercio terminata con delle precise richieste politiche, come quella per la rimodulazione del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti, che sta falcidiando le tasche degli esercenti e dei contribuenti. Eppure, benché la protesta non sia stata una novità rispetto ad altre contestazioni del passato, stavolta numerosi cittadini hanno iniziato a criticare apertamente quelle forme di clientelismo e di favoritismo politico che i partiti italiani hanno sempre portato avanti. Le opposizioni alla Giunta Celentano hanno inoltre lamentato i disservizi di Abbanoa e la carenza di servizi e di opportunità. E a nulla sono valse le piccole opere di risanamento locale rivendicate dalla Giunta per placare gli animi, come il ripristino del manto stradale, peraltro realizzato male.
A Bolotana si è avuta un’analoga protesta popolare contro la TARI, e non solo. «Chiederemo all’amministrazione comunale – hanno fatto sapere i titolari degli esercizi pubblici – un intervento immediato per la riduzione delle tariffe che ci colpiscono in modo indiscriminato e senza tener conto delle difficoltà che siamo costretti ad affrontare tutti i giorni, non solo per il calo delle attività, ma anche per l’eccessiva tassazione da parte dello Stato». Che dire? I cittadini del Marghine hanno compreso che la pessima gestione delle finanze pubbliche riguarda tanto la realtà municipale quanto quella statale.
A Villacidro i manifestanti hanno letteralmente occupato il municipio contro l’aumento della TARI. Altri Comuni non sono stati da meno, come la protesta che ha riguardato la richiesta dell’IMU sugli improduttivi terreni agricoli.
In sintesi, dalle opinioni si evidenzia un diffuso malcontento generale, e l’impossibilità di vedere un futuro migliore. Infatti, nel nuorese, così come in altre regioni sarde, il numero dei disoccupati e delle attività imprenditoriali che hanno chiuso i battenti è in drammatica crescita. Sono ripresi i flussi migratori, mentre chi è rimasto nei paesi riesce a stento ad andare avanti.
Siamo in presenza di classi politiche giunte ormai a bloccare l’economia impedendo la crescita. Parte della nostra pressione fiscale è determinata dal fatto che la politica italiana sta scaricando i costi dello Stato centrale sulle Regioni e sulle realtà municipali: nello specifico le spese di amministrazione (stando al Rapporto di Gestione, in Sardegna i trasferimenti annuali dalla Regione ai Comuni ammontano, col Fondo Unico, a 1,4 miliardi di euro). Ma a loro volta i Comuni non hanno modificato i loro costumi politici, perché al posto di razionalizzare il costo dei servizi, questi continuano ad essere gestiti secondo modalità clientelari che tendono ad assumere più dipendenti del necessario, creando servizi costosi ed inefficienti.
In questo modo – ad esempio il Comune di Siniscola – non ha fatto altro che adottare in maniera disattenta un principio classico del federalismo, che assegna ai singoli enti locali una maggiore autonomia nella raccolta dei tributi e nell’amministrazione delle spese da effettuare. E’ il caso della raccolta differenziata, onerosa perché gestita porta a porta, e meno efficiente rispetto ad altri collaudati sistemi (come quelli che prevedono l’utilizzo delle isole ecologiche, dove il costante utilizzo dei mezzi di raccolta viene sensibilmente ridotto).
Si tratta di dinamiche molto gravi, se si pensa che i costi socioeconomici di ogni sistema clientelare su cui si fonda il potere politico di un partito o di un politico ricade sulla collettività, manifestandosi nella scarsa qualità degli investimenti privati e delle opere pubbliche; negli appalti, e con la riduzione della concorrenza nel mercato e la scarsa motivazione delle organizzazioni coinvolte nei servizi locali. Creando così una riduzione della capacità produttiva.
Da parte loro i Comuni stentano a denunciare con cognizione di causa le scelte del Governo italiano, a causa della loro affiliazione alle segreterie dei partiti italiani. Ecco perché si avverte sempre l’esigenza di un partito sardo realmente indipendente da una politica lontana dal territorio, dove al posto di fare assistenzialismo si mettano in moto le possibilità per creare lavoro e ricchezza, riducendo tasse e burocrazia.
A conti fatti, buona parte del popolo sardo non ha ancora compreso le logiche del federalismo e dell’indipendentismo, ma, paradossalmente, non accetta neppure che l’economia venga bloccata per mano dei propri amministratori locali, interessati unicamente al consenso verso la propria corrente politica.
Recita un antico proverbio: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Ma la consapevolezza di un problema è sempre il primo passo per capire come poter uscire dal malessere sociale, e le proteste a cui abbiamo assistito fanno ben sperare per risolvere il difficile lavoro che ci attende. Con l’augurio che in Regione si accorgano del vento che tira.
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