Giuseppe Todde, il più grande economista sardo. Troppo avanti per i suoi tempi

Giuseppe Todde fu il più grande economista sardo. Docente negli atenei di Sassari e Cagliari, liberista, fu il primo a denunciare il protezionismo italiano che chiuse i mercati esteri alla Sardegna; il primo ad effettuare una critica costruttiva sull’Editto delle Chiudende e il primo a proporre una zona franca ma con una formula simile alla moderna Hong Kong. Una figura intellettuale all’avanguardia nell’isola della seconda metà dell’Ottocento, che catturò l’attenzione di Vilfredo Pareto, e la cui rilettura ci induce a riflettere sull’attualità dei ritardi culturali di cui non ci siamo mai liberati – Di Adriano Bomboi.

Giuseppe Todde nacque a Villacidro nel 1829, si laureò in giurisprudenza a Cagliari e andò a specializzarsi a Torino, dove incrociò Francesco Ferrara. L’influenza di quest’ultimo, docente di una materia allora semisconosciuta, l’economia politica, contribuì ad estendere idee liberali che all’epoca, a differenza dell’Italia, erano già ampiamente diffuse nei maggiori Paesi europei, benché scarsamente applicate. In particolare quelle di Adam Smith e di Frédéric Bastiat.
Negli anni Todde fu docente sia presso l’ateneo cagliaritano che in quello di Sassari. Insegnò diritto pubblico e costituzionale, economia politica, statistica e diritto commerciale. Nel 1888 venne eletto rettore dell’Università di Cagliari. Furono inoltre numerose le pubblicazioni dello studioso, non solo per la generale situazione italiana, ma per il peculiare contesto sardo, che proseguirono fino alla morte, avvenuta a Cagliari nel 1897.

Todde fu il primo a registrare i danni del protezionismo italiano arrecati alla Sardegna, quando il governo Crispi, impegnato nella guerra doganale con la Francia, precluse ai sardi il fiorente mercato di Marsiglia. Ma Todde fu anche il primo a maturare una critica costruttiva sull’Editto delle Chiudende, non in quanto strumento di introduzione della proprietà privata, ma perché la sua disequilibrata adozione, a suo avviso, aveva come unico obiettivo quello di aumentare la base imponibile della fiscalità regia, tartassando la nascente imprenditoria locale e causando inoltre nefaste sperequazioni ambientali. Ciò diede luogo alla sua critica verso i vertici del governo, accusato di imbrigliare con vincoli e centralismo paternalista la forza dei nostri investitori privati.
Concetti di stretta attualità. Pensate, ancora oggi, nel XXI° secolo, intellettuali e storici improvvisati tramandano una lettura ideologica di quegli eventi, ignorando l’esistenza stessa di Todde e incapaci, anche laddove ne avessero conosciuto le idee, di comprendere le implicazioni riformiste del suo lavoro.

Ma la vicenda intellettuale di Todde, che paradossalmente fu tanto autorevole quanto isolata, è importante anche sotto un altro profilo: poco interessato al dibattito politico che seguiva i mali ottenuti dalla “perfetta fusione” tra Sardegna e Piemonte, fu un autonomista de facto, perché estese con straordinaria lucidità i propri strumenti di analisi all’ingerenza e ai vincoli dello Stato nell’economia sarda a tutto campo, definiti sia dannosi che, talvolta, “semplici palliativi, forse atti a lenire per un momento dolori e spasmi d’un corpo ammalato”.

Fu questa consapevolezza che spinse l’autore a proporre il primo progetto di zona franca della Sardegna, un’idea avveniristica per l’epoca, tanto che Vilfredo Pareto, anch’egli liberista, ebbe a commentare: “Le proposte del prof. Todde sono oggettivamente ottime. Sono deduzioni perfettamente logiche della scienza economica […] Ma soggettivamente le proposte del prof. Todde sono pessime, perché egli non ha pensato alla greppia dei nostri politicanti”.
In altri termini, il merito intellettuale del nostro economista era quello di aver profondamente innovato anche le proposte terapeutiche sulla situazione sarda, ma non aveva tenuto conto di un contesto politico e culturale che andava in tutt’altra direzione (e che infatti contribuirà a perpetuare lo stallo dell’economia regionale).

Data la lunghezza e l’articolazione degli interventi di Todde è bene esporne in breve al lettore qualche passaggio:

“La guerra di tariffe ci ha rovinato pure l’industria armentizia, togliendoci lo sbocco ai prodotti nel commercio così ben avviato con la Francia; e mentre si suole accusare il sardo di neghittoso e apatico, conviene sapere che il proprietario del circondario d’Ozieri, ne’ tempi floridi di quel commercio, andava lui con vapori da lui noleggiati per portare a Marsiglia e di là talvolta a Parigi il bestiame da vendervi, spedendo in Sardegna valori in oro non indifferenti. Questo traffico dopo il 1888 cessò. […] Le disdette subite produssero molte rovine, determinando naturalmente un ribasso nel prezzo dei pascoli”.

Todde proseguì queste valutazioni, dati alla mano, osservando l’impatto che generarono questi fenomeni sul crollo del credito, ormai incapace di supportare l’imprenditoria, e anche sui trasporti e sulle infrastrutture, causandone un ribasso del valore e cancellando di fatto il bisogno di investirvi.

Aggiunse poi: “Il risorgimento vero dell’isola non si può attendere da una lenta evoluzione delle nostre forze proprie […] serve afflusso e contatto di nuovo capitale e gente nuova, e da un diverso indirizzo nell’opera legislativa che dia campo all’iniziativa privata, con poco dispendio dello Stato […] occorrerebbe un efficace concorso di capitale nelle molteplici sue forme, pecuniario e d’intelligenza […] e più che tutto il concorso del credito, semplicemente scomparso”.

Le analisi di Todde, oltre ad introdurre in tal modo anche il contemporaneo concetto di “capitale sociale”, proseguirono persino nel computo del rapporto tra costi e benefici, in relazione alla fiscalità, per ogni unità di prodotto. Ad esempio espose uno studio sulla maggiorazione dei costi per ettolitro della distillazione d’alcool, non dissimile dagli attuali rapporti Crenos dell’Università di Cagliari sui disagi del contesto economico.

Lo studioso articolò un progetto di 17 punti, da sperimentare per venti anni, notate, inquadrando la Sardegna come entità autonoma (includente, tra i vari, l’abbattimento delle imposte indirette e il contrasto ai monopoli). Nel mondo contemporaneo si è avuta una distinzione istituzionale ed economica simile in due precise realtà: Taiwan (praticamente indipendente) e, soprattutto, Hong Kong, secondo la dottrina “un Paese, due sistemi”.

Letture consigliate:

- G. Todde: Opere, vol. I° – Scritti economici sulla Sardegna (CUEC, Cagliari 2003);
- G. Todde: Opere, vol. II° – Scritti economici (CUEC, Cagliari 2006).

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