Turismo: quelle leggi sarde ostili allo sviluppo
Su La Nuova Sardegna in edicola lo scorso 28 novembre (JPG) abbiamo trattato un’anomalia tutta sarda: il maggior centro della Baronia perde giovani anche a causa del Puc e del Ppr.
La pianificazione del territorio ha causato gravi squilibri socio-economici, sottraendo numerosi terreni idonei all’imprenditoria turistica, vincolati ad uso agricolo dove vi è scarsa resa del settore.
Ci sono territori della costa muniti di varie strutture alberghiere, mentre Siniscola (come altre località dell’isola), ne è praticamente priva. Tutto questo accade in un periodo di lieve ripresa estiva degli arrivi, a fronte di giovani che si spostano per lavoro in località vicine, o che scelgono di emigrare.
Si tratta di danni causati dalle amministrazioni comunali e regionali di centrosinistra, seguaci della faciloneria ambientalista, a cui anche il centrodestra non ha saputo rispondere.
Ecco il testo integrale:
Nonostante una timida crescita del PIL italiano (stima OCSE all’1,4% nel 2017) ed una crescita dell’occupazione regionale stimata al 2,2%, il territorio siniscolese continua a rimanere estraneo ad un generale clima di fiducia nella ripresa.
Come altre località sarde, Siniscola sconta un settore primario (agricoltura e allevamento) segnato da una pesante crisi strutturale causata da assistenzialismo e scarsa cooperazione; ed un settore secondario in cui le manifatture locali (es. falegnamerie, infissi, etc.) si rivolgono quasi esclusivamente al magro mercato interno. Il terziario appare interamente dominato dal commercio privato sui servizi essenziali, come gli alimentari; e dalla pubblica amministrazione.
Le maggiori potenzialità inespresse che danneggiano l’economia locale riguardano il turismo, a causa della perdurante assenza di strutture ricettive, che non ci consente di capitalizzare la lieve crescita degli arrivi. Il tutto a fronte di una fetta di stagionali siniscolesi diventata pendolare verso cittadine vicine (come Orosei e Budoni, dotate di hotel), mentre un’altra fetta ha scelto la strada dell’emigrazione. Un problema che riguarderà sempre più i nati dal 1980 in poi, sia laureati che dequalificati, con scarse possibilità di entrare nel locale mercato del lavoro.
Da cosa deriva questo ritardo? Da due fattori:
1) dall’esito del PUC e del PP Regionale, usati malissimo anche rispetto ai Comuni vicini, che hanno vincolato chilometri di terreni sottraendoli all’edilizia ricettiva, quindi impedendo la possibilità di costruire nuovi alberghi (non uno, non due, ma diversi, in linea con i nostri principali concorrenti nel Mediterraneo). Infatti, escluse le frazioni marittime, che pure presentano ritardi analoghi, i confini dell’abitato di Siniscola dispongono di pochi terreni in cui è possibile costruire mini-unità ricettive. Ed altri in cui sarebbe stato possibile realizzare strutture più grandi, ma in cui i proprietari sono obbligati ad occuparsi di agricoltura in aree in cui non c’è nessuna resa economica. Basti pensare che una vigna di modeste dimensioni produce un reddito annuale che si aggira in media tra i 1000 e i 2500 euro;
2) la bassa solidità finanziaria dei concittadini siniscolesi non consente inoltre agli stessi di ottenere facile accesso al credito per valorizzare i pochi terreni in cui è possibile edificare mini-unità ricettive. La conseguenza di questa situazione è l’abbandono dei terreni. Sia dei primi che dei secondi suddetti.
Queste leggi, che non servono né all’ambiente (essendo i fondi distanti diversi km dalla costa) e né agli investimenti (perché la destinazione agraria ha di fatto livellato il loro valore immobiliare), è un prodotto delle amministrazioni comunali e regionali di centrosinistra degli anni scorsi. La Giunta in carica non appare tuttavia solerte nell’approfondire tali dinamiche.
Urge una battaglia politica per svincolare questo vasto capitale inespresso, l’unico in grado di arrestare le nuove sacche di povertà che si affacciano all’orizzonte.
L’aumento della resa immobiliare consentirebbe di attirare anche capitali esterni, non sussidiati dai contribuenti, desiderosi di investire nelle nostre bellezze ambientali e colmando così la nostra bassa disponibilità finanziaria.
Ricordiamoci che un territorio non competitivo è un territorio in cui la crisi diventerà cronica.
Adriano Bomboi,
Roberto Melis,
Daniele Puddu,
Gruppo U.R.N. Sardinnya