Un libro per capire la genesi del conflitto israelo-palestinese
Arriva il libro “Sa chistione: istadu arabu, istadu ebraicu, Gerusalemme” (Papiros editore).
Un testo fondamentale, in sardo e italiano, per comprendere la genesi e le responsabilità del conflitto israelo-palestinese, a partire dalla risoluzione ONU 181: il piano di partizione della Palestina volto alla creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo, con uno status speciale per la città di Gerusalemme.
Ecco un estratto della prefazione curata da Mario Carboni (e Diegu Corraine):
Alle 16 di venerdì 14 maggio 1948, alla scadenza del Mandato britannico sulla Palestina, Ben Gurion lesse davanti ad una piccola folla la dichiarazione d’indipendenza dello stato ebraico d’Israele, certamente rispondendo ad una aspirazione lungamente perseguita dal movimento sionista.
Contemporaneamente, ubbidì alla massima autorità internazionale accettando la Risoluzione 181 del 29 novembre 1947 dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, che aveva risolto la Questione palestinese con la creazione di due Stati indipendenti, uno ebraico e l’altro arabo. Il disegno politico e costituente della Risoluzione 181 prefigurava infatti lo Stato arabo, lo Stato ebraico e l’Autonomia speciale della Città di Gerusalemme, esercitanti la loro sovranità secondo saldi principi democratici e nel più coerente rispetto dei diritti civili e umani, vietando esplicitamente qualsiasi discriminazione di sesso, lingua, religione e origine e garantendo la libertà di pensiero, espressione, di stampa e di riunione, di religione e delle tradizioni ancestrali delle parti in causa. Malgrado le aspirazioni del movimento sionista, ma anche della opposta parte araba, fossero differenti, il territorio conteso della Palestina mandataria fu spartito ma reso coeso in Unione economica, doganale, monetaria con libera circolazione di persone, beni e servizi, ponendo Gerusalemme sotto Amministrazione internazionale per 10 anni con propri confini e Istituzioni autonome speciali.
I nuovi Stati avrebbero dovuto essere sovrintesi da un Consiglio economico misto insediato a Gerusalemme per realizzare l’Unione economica della Palestina con amministrazione in comune di ferrovie, autostrade, servizi postali, telefonici e telegrafici e porti e aeroporti partecipanti agli scambi e commerci internazionali. Pur prefigurando per i due Stati palestinesi indipendenti, l’arabo e l’ebraico, un’ampia sovranità politica, culturale ed economica, con le loro banche centrali, il controllo della politica fiscale e di credito, le regole del cambio estero, la concessione di licenze per l’importazione e la conduzione di operazioni finanziarie su estero sulla base del proprio credito statale, si stabiliva una tariffa doganale comune e la libertà di commercio totale fra gli Stati e fra essi e la Città di Gerusalemme. Con un sistema monetario comune e con un singolo tasso di cambio con l’estero, le valute circolanti nei due Stati e a Gerusalemme sarebbero state emesse sotto il controllo del Consiglio economico misto con sede a Gerusalemme come unica autorità emettente e determinante le riserve a garanzia delle valute. Veniva affrontato il problema già allora cruciale dell’accesso per entrambi gli Stati e Gerusalemme all’acqua e alle fonti di energia che fosse comune e non discriminatorio, per gestire assieme l’irrigazione, la bonifica delle terre e la conservazione del suolo.
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Redazione SANATZIONE.EU