Onore al militare Sardo caduto in Afghanistan – Indifferenza agli indifferenti
1914: Nella sua “Antologia di Spoon River”, il poeta americano Edgar Lee Masters diede voce ai morti di un piccolo borgo immaginario del Midwest. Non avendo più nulla da perdere, questi defunti raccontavano senza esitazione le gesta della loro vita, condotta tra nefandezze, rimpianti, ipocrisie ed opportunismi dettati dal conformismo dell’epoca. A noi piace immaginare così tutti quei concittadini che giudicano impropriamente le scelte dei nostri caduti, anche nella dignitosa professione condotta sotto un’altra bandiera, trattando troppo spesso la memoria ancora viva di un Sardo come Mauro Gigli con indifferenza. Un Sardo, il cui ultimo appuntamento col destino non ci farà dimenticare quanto egli sia più vivo degli indifferenti che emettono condanne morali contro i nostri soldati.
Il nostro più sincero cordoglio e la nostra vicinanza alla famiglia di Mauro, caduto mentre lavorava per mettere in sicurezza un’area su cui in futuro la democrazia camminerà con passo fiero.
29-07-2010, Ass.ne U.R.N. Sardinnya – Nazionalisti Sardi
Mi dispiace sinceramente per gli uomini comuni morti in terra straniera e non sono indifferente, anche perchè si tratta in genere di meridionali che probabilmente vanno in guerra per uno sbocco lavorativo che non riescono a trovare nella loro terra. Tuttavia si tratta di uomini che hanno scelto volontariamente di andare in guerra e in guerra si sa, la gente muore. Questa volta è toccato a un Sardo e a un Pugliese, altre volte ad Afgani bambini. E’ la guerra. E non si tratta di portare la democrazia da altre parti, tantomeno illudersi che un domani la democrazia camminerà con passo fiero in quei posti. I soldati (e scusate se non dico i nostri soldati perchè a me non mi rappresentano per niente) sono in missione di guerra per difendere gli interessi delle nazioni di cui facciamo parte. Specialmente interessi energetici. Inoltre rivestire di eroismo la morte di giovani soldati mi ricorda certa propaganda fascista di esaltazione delle virtù guerriere mentre la realtà secondo me è che questi ragazzi vanno in guerra perchè le terre da cui provengono vengono tenute artificialmente sottosviluppate proprio per avere riserve sempre pronte di emigrati e soldati. Per cui non onore ai caduti da parte mia, ma solo rammarico per i caduti. Di entrambe le parti.
Comprendiamo il suo disappunto ma anche il pensare che la democrazia non camminerà mai in certi posti è il frutto di una visione occidentale delle altre culture. Senza giudicare la sua posizione, in generale bisogna dire che quel luogo comune rappresenta un perbenismo nato nei salotti della sinistra italiana ed Europea che cela uno sfondo razzistico nel giudizio degli “altri”. Qualsiasi essere umano invece aspira alla pace ed alla stabilità. I Talebani, la cui matrice nasce al confine col Pakistan e non sono un gruppo etnico omogeneo, non qualificano certo tutta la popolazione Afghana, la quale è suddivisa in vari gruppi identitari. Nelle città gli Afghani si battono per vivere in un sistema democratico, studiano, seguono i media e si aprono al mondo. Così come hanno già fatto diversi stati islamici. O che addirittura fanno parte da anni della NATO, come la Turchia (in lizza per l’adesione nell’UE).
Ma c’è zona e zona, ed in alcune di queste le aspirazioni alla pace dei cittadini sono piegate all’odio tribale da chi esige il rispetto attraverso le armi. Sono le aree in cui l’intervento NATO è più rarefatto oppure difficoltoso. Le tradizioni fondamentaliste sono dure a morire anche nelle aree urbane, ma non sono una condizione permanente. Dopodiché, è vero che l’occidente non si reca in quei luoghi per beneficienza, ma per ragioni geostrategiche che però consentono sia a noi che agli altri di avere un frigo sempre acceso in casa.
Non stiamo giustificando la guerra, ma ricordando che ogni situazione (soprattutto nel mondo contemporaneo) ha caratteristiche molto complesse, nelle quali talvolta il male ed il bene si confondono i ruoli. Anche al punto da scordare che purtroppo i Talebani furono un prodotto dell’occidente contro l’allora Unione Sovietica, il cui integralismo doveva fermare l’avanzata del comunismo. Negli anni ’90 presero saldamente il potere con la violenza. Attenzione quindi alla tentazione di definirli “patrioti” o “resistenti”.
In Rwanda nel 1994, dove non c’erano interessi geopolitici, i civili furono lasciati soli dal mondo in balia di un’etnia bellicosa, risultato?: un milione di morti. E senza neppure l’utilizzo di armi occidentali.
Gli artificieri, come Mauro Gigli, hanno il compito di mettere in sicurezza le insidie che di sicuro non servirebbero a migliorare la situazione dell’Afghanistan ed il processo di stabilizzazione. Le scelte personali dei singoli soldati poi non dovrebbero essere in discussione e meritano rispetto, come qualsiasi altra professione. Anche se nate da condizioni di difficoltà economica, a cui invece la politica locale deve rispondere in altra maniera: proprio per fornire ai nostri concittadini maggiori alternative nel mondo del lavoro. Un cordiale saluto.