Capodanno sardista: un bilancio della Giunta Solinas

Adieu 2019, primo anno sardista volge al termine.

La giunta avvia un positivo aggiornamento infrastrutturale dell’isola ma non avvia alcuna grande riforma autonomistica, ed in linea con le politiche assistenzialistiche del passato si distingue per tanta spesa pubblica di bassa qualità a carico di imprese e contribuenti in difficoltà.

Si prospettano infatti nuovi centri di spesa, ad esempio per nuove province, nuove ASL, nuove “flotte sarde” e consulenze esterne. E si moltiplicano i sussidi a pioggia.

Decine di milioni di euro devoluti, solo per citare alcuni settori, verso inefficienti imprese turistiche, poli industriali in rosso, oratori, artigiani, allevatori e persino carciofai.

Amici sardisti, urge un cambio di rotta o, a crescita zero, finiremo sommersi dai debiti.

Di Adriano Bomboi.

Dai tempi del PSI di Craxi esiste una regola ben precisa: i piccoli partiti che vogliono contendere ai maggiori la piazza del consenso hanno una sola strada per stare in cima ai vertici della politica, cioè fare largo uso della spesa pubblica.

E disgraziatamente, anche l’attuale Partito Sardo d’Azione non pare immune da questo costume, peraltro in linea con quello di terzi partiti parasardisti di recente formazione, come il Partito dei Sardi.
Eppure, nell’epoca del consenso liquido abbiamo anche compreso che questo genere di “investimenti politici” non portano necessariamente al successo elettorale. Il flop del PD, sull’onda della politica italiana, e quello del piccolo PdS, che pure si sono distinti per un largo uso di spesa corrente, stanno lì a dimostrare l’evoluzione dei tempi.

Il governatore Solinas, come testimoniato da un suo vecchio intervento in Senato, appare sostenitore di una politica keynesiana come strumento di rilancio dell’economia, mediante massicci investimenti pubblici.

Ad oggi invece i dati mostrano che non esiste alcuna correlazione tra l’impiego di risorse pubbliche e la crescita del PIL.
In tutto il globo, chi ha crescita prossima allo zero, che si tratti del governo di uno Stato o di una Regione, fa crescere solo qualcos’altro: il debito.

La Giunta Solinas ha purtroppo scelto di infilarsi in una classica dinamica di deficit spending, la stessa che da qualche decennio ha spinto l’intero paese, e l’isola, verso il declino.

Sarebbe scorretto tuttavia addebitare a Solinas, come fanno i suoi detrattori, un totale immobilismo politico orientato a mantenere il consenso. La giunta ha saputo avviare un aggiornamento infrastrutturale dell’isola ed una revisione del patto finanziario con lo Stato. Pensiamo, solo per citare qualche esempio, al progetto di metanizzazione dell’isola, atteso da decenni (che tuttavia andrebbe approfondito, per concentrarsi magari su dei depositi ed evitare una costosa dorsale interna); o alla messa in sicurezza di alcune arterie viarie dell’isola (vedere Baronia). Approdando infine ad una nuova intesa con lo Stato per archiviare la controversa battaglia sulle entrate, ed ottenere anche nuove risorse con cui cantierizzare la mobilità interna. Pensiamo, in primis, al rilancio del sistema ferroviario annunciato a novembre, e la manutenzione della rete Anas, benché sia lecito dubitare dell’onorabilità dell’impegno sottoscritto da Roma.
Al netto di questo positivo impegno, il PSD’AZ pare collocarsi ancora fuori da una dimensione riformistica, occupandosi solo di ordinaria amministrazione, e non propone alcuna grande riforma, sia legislativa che autonomistica.

Per essere più chiari, pensiamo alla mancata riforma del Piano Paesaggistico Regionale, che oggi abbiamo necessità di rendere più flessibile. Materia che la regione intende trattare solamente attraverso una revisione dell’urbanistica, comunque importante, ma che rischia di avvantaggiare i presidi turistici esistenti, limitando l’arrivo di nuovi investimenti ricettivi di fascia premium (che richiedono ingenti risorse e nuove volumetrie, non solo volumetrie esistenti).
Questo limite si suggerisce che la giunta appare troppo prona ad alcune organizzazioni di categoria, che rappresentano un sistema alberghiero obsoleto e in larga parte fuori mercato, che tenta maldestramente di riciclarsi con strutture a basso valore aggiunto nel circuito extralberghiero. Quest’ultimo in crescita, ma solo poiché i grandi flussi turistici preferiscono le grandi mete internazionali, dotate di strutture a 4 e 5 stelle, che nell’isola rappresentano appena 300 unità, e quasi tutte presenti nella sola Gallura.

O pensiamo, ancora, al dibattito sulla riforma dell’Autonomia regionale, che ad oggi appare solo un lontano ricordo. Per non parlare dei mitici punti franchi e della prima emergenza sarda: urge un rilancio dell’istruzione, in un’isola a dispersione scolastica record, su base locale (includenti la lingua e la storia sarde).

Per contro, la giunta appare occupata a proporre nuove tasse, come quella di sbarco, ed a moltiplicare i centri di spesa,  per nuove province, nuove ASL, nuove improbabili flotte di trasporto locali e consulenze esterne ai gruppi politici consiliari. E ciò non è automaticamente sinonimo di efficienza ma di nuove poltrone, in un’isola che, come osservato nel mio ultimo libro, e nella recente elaborazione di Gianni Carboni (Sardegna in Prospettiva), non manca di personale.

Immaginando una Regione che passa a 7 od 8 province (ma con le stesse risorse operative attuali), ripudieremo il referendum in cui i sardi scelsero di abolirle. Ed avremo un sistema sanitario dotato di circa 8 ASL (che comporteranno 8 direttori sanitari ed 8 direttori amministrativi, più un centro direzionale), determinante una sanità che alla prossima finanziaria potrebbe sfiorare il costo di 3,7 miliardi di euro, oltre la metà del bilancio regionale. Senza alcuna garanzia di razionalizzazione ed efficienza dei servizi in termini di accesso, qualità e tempestività, per i pazienti.

Non manca neppure la piaga del sussidio di cui più volte abbiamo parlato, con decine di milioni di euro sottratti dal fisco a imprese e contribuenti in difficoltà, destinati a conservare l’inefficienza dei più disparati settori a basso valore aggiunto: obsolete imprese turistiche, poli industriali in rosso (vedere nuorese, come previsto anche dalla Giunta Pigliaru), oratori, varie imprese artigiane e allevatori; solo per citare qualche categoria.

Tutti ambiti impermeabili all’innovazione ed alla competitività sul mercato.
Mercato che invece dovrebbe poter valorizzare le sole imprese di questi e altri ambiti capaci di investire ed aggregarsi per crescere. Viceversa, tutelare ceti che hanno costruito la loro effimera fortuna grazie all’abituale estrazione di risorse dalle poche imprese virtuose dell’isola, e da un credito clientelare, contribuirà unicamente a cronicizzare i problemi, che continueremo a tamponare attraverso periodiche elargizioni di denaro pubblico. La dinamica graverà sotto forma di debito nel nostro futuro.

Cari amici sardisti, urge un cambio di rotta. La grande battaglia dello sviluppo si gioca sulla riforma del fisco, della burocrazia e della scuola.
Senza una riforma dell’Autonomia, capace di occuparsi di questi ambiti, decisivi per il recupero di una produttività bassissima, ci attende solamente un avvenire di povertà.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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    1 Commento

    • affermare che la giunta solinas sta mettendo in piedi un aggiornamento infrastrutturale solo perche vuole mettere sul territorio una dorsale per il metano sovrastrutturata rispetto ala popolazione residente e un bugia ai sardi non serve un metnodotto bensi magari dei treni nuovi e piu corse per sostituire le littorine datate 1956 che ransitano per esempio sulla linea per isili, progettare una nuova struttura su ferro che colleghi in tempi brevi tortoli con cagliari e dall’altra parte la zona industriale di portovesme sempre con cagliairi e sopratutto piu corse sulle linee esistenti. Come sapra e’ prevista la progettazione della oristano bosa da parte delle ferrovie dello stato che risolve una delle zone peggio colegate della sardegna, pi un’altra cosa da realizzare un secondo polo di radioterapia nel cagliaritano per la cura dei tumori e non regalare 70 milioni all’anno agli arabi proprietari della Mater Dei di olbia…..

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