Quella Sardegna tra siccità, sparatorie e sciatteria politica

L’ultima notizia sono i colpi di pistola esplosi da un agricoltore della Baronia, Bomboi (no, non siamo parenti e non lo conosco), contro un consorzio di bonifica, esasperato per le restrizioni correttamente imposte dai sindaci locali agli usi idrici ritenuti non indispensabili.

In pratica, l’isola che intendeva puntare prevalentemente su turismo e agricoltura, cioè i due pilastri dei paesi poveri, studiando poco e dunque diversificando meno la propria economia, non riesce a gestire neppure i due suddetti settori: non a caso, la piccola agricoltura locale, i cui standard si avvicinano al modello tunisino, soffre ormai da tempo per la difficile gestione delle proprie colture; mentre il turismo rischia di subire un pesante contraccolpo, sia per i (pochi) alberghi presenti, che per la mole di seconde case in attesa dei vacanzieri estivi.

A che si deve questa situazione?

Non esiste un solo responsabile. Indubbiamente, in modo bipartisan, da anni i partiti si sono ridotti a meri comitati elettorali dediti alla conservazione del potere, ed hanno perso di vista le esigenze primarie di imprenditori e cittadini, a partire da dei banali servizi idrici, colpiti da anni di inefficienze, reti colabrodo, ritardi sugli aggiornamenti infrastrutturali (dovuti anche alla burocrazia italiana) e dissennate politiche di supporto al reddito e del mercato del lavoro partorite a Roma. Al punto che persino l’ente Abbanoa oggi fatica a trovare ditte in grado di riparare con puntualità ogni condotta idrica saltata, come recentemente denunciato anche dal sindaco di Fonni.

E così, mentre le avanguardie mediorientali irrigano ogni minima palmetta da datteri per turisti e imprenditori carichi di dollari, la Sardegna, anche a causa di un ambientalismo ideologico, non si è adeguatamente dotata di dissalatori, né di condotte in grado di connettere seriamente i grandi bacini idrografici sardi, se non sulla carta. E neppure di concretizzare progetti già esistenti per dei nuovi invasi idrici da 100 milioni di metri cubi d’acqua.

Una sciatteria politica senza precedenti le cui negative ricadute economiche finiscono per penalizzare i già magri redditi del territorio, danneggiando servizi indispensabili al consolidamento dei piccoli tessuti produttivi locali.

Nonostante la pioggia di questi giorni, la Sardegna orientale, con la diga di Maccheronis, è passata dai 24 milioni di metri cubi d’acqua del 2023 agli 8 del 2024, nella più completa assenza di infrastrutture alternative di supporto rispetto all’evenienza che si è verificata. Dando modo dunque agli amministratori e ai funzionari dei Consorzi di Bonifica di avvalersi dell’unico strumento possibile in un contesto del genere: razionare l’erogazione dell’acqua.

L’imprenditore Giovanni Sanna, tra i leader del settore alberghiero con ben 18 strutture tra hotel, residence e resort, di cui alcune presenti nella “zona arida”, ha compreso di non poter contare sempre sulla politica e ha ritenuto opportuno acquistare due dissalatori, col programma di acquistarne altri 16 (alla cifra di circa 200mila euro cadauno).
In genere si ritiene che il settore pubblico serva a correggere o integrare le mancanze del libero mercato, ma in questo e altri casi è in realtà il libero mercato che cerca di provvedere autonomamente alla propria sopravvivenza, a causa della più totale assenza delle istituzioni.

Di Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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