Trump scopre le carte e Zelensky coglie l’asso. Ma la lite?

Cos’è accaduto esattamente nella lite dello studio ovale fra Zelensky, Trump e Vance?

Zelensky ha lasciato immediatamente la Casa Bianca senza commentare l’accaduto e Trump ha replicato quasi simultaneamente sul social Truth, lasciando la porta spalancata: “Torni pure quando sarà pronto alla pace”.

Che significa?

Significa che gli inglesi hanno calato il proprio asso nella manica spiazzando qualsiasi piano della Casa Bianca: domenica a Londra ci sarà anche la Turchia, ossia il più grande esercito dell’Asia Minore, nonché partner della NATO.

Piaccia o meno, Erdogan ha afferrato al volo opportunità potenzialmente strategiche, sia sul piano degli investimenti militari che l’Europa si appresta a finanziarie (come, ancora non si sa); sia sul piano delle relazioni politiche, che potrebbe aprire scenari oggi inediti per Ankara.

Traduzione: gli europei non sono esattamente da soli, ed il potenziale per espandere l’architettura di sicurezza UE, per quanto funestato da Stati che non possono permettersi ingenti impegni di spesa, non parte propriamente da zero.

Zelensky, imbeccato dal premier britannico Starmer prima ancora di incontrare Trump, comprende che Washington non ha intenzione di consegnare la sovranità ucraina a Putin, ma nulla si sa dell’entità di un ipotetico supporto, e si permette il lusso di sbattere la porta.

Traduzione ulteriore: esistono ancora margini per trattare con gli USA senza farsi prendere dalla fretta e senza firmare assegni in bianco.

Se mettiamo da parte l’emotività della giornata, da parte USA notiamo altri elementi fattuali a supporto della tesi:

Il primo è che Trump tratta adesso direttamente con Zelensky, riconoscendo implicitamente in lui il presidente legittimo dell’Ucraina. E ciò demolisce il tentativo russo di spingere gli USA a fare pressioni su Kiev per cambiare premier con nuove elezioni (un’operazione complessa, il cui esito, peraltro, non porterebbe necessariamente ai risultati sperati). Anche in questo caso la pressione europea può aver giocato un ruolo di rilievo, perché le cancellerie europee hanno fatto quadrato attorno al protagonista della resistenza all’invasore dopo le improvvide dichiarazioni trumpiane.

Il secondo, come noto, è che il preambolo del vacuo accordo USA-Ucraina sui minerali, più politico che economico, come osservato dalla stampa internazionale, riconosce inequivocabilmente la Russia come il paese aggressore (una riga di inchiostro per nulla scontata di questi tempi).

Il terzo risiede nelle varie dichiarazioni di Trump tenute nel vertice bilaterale prima che partisse la lite. Non a caso, tra le varie, il presidente USA ha affermato che l’America continuerà ad inviare armi all’Ucraina, ma che non sarà necessario qualora si dovesse arrivare alla pace.

Ma il frangente specifico della lite che senso ha?

Indubbiamente entrerà nei libri di storia, ma per ragioni al momento oscure.

L’inusuale intervento di un vicepresidente tra i due capi di Stato, come la scintilla innescata da J. D. Vance per l’incendio che ne è seguito, può essere il frutto di diversi motivi:

Il più banale è che possa essersi trattato di puro dilettantismo del terzetto di fronte ai media mondiali.

Zelensky, in quanto sottoposto a pressione per il gravoso compito dell’evento, e poco restio a lasciar correre le frasi dei propri interlocutori sulla sedicente affidabilità di Putin, non ha saputo contenersi al momento giusto. Il presidente ucraino ne esce comunque rafforzato in patria, perché appare come colui che ha tenuto alta la bandiera della dignità del proprio paese rispetto a due mastini che lo attaccavano in un contesto per nulla agevole, per mere ragioni economiche, e mentre cercava di replicare loro.
Trump e Vance invece sono apparsi assolutamente interessati a non offrire sponde di debolezza ai media progressisti (e i due, notate bene, l’hanno apertamente confermato in diretta), certamente per appagare la base repubblicana, ma non necessariamente quella istituzionale.

Infatti pochi minuti prima Zelensky aveva stretto le mani compiaciute di dozzine di senatori repubblicani, e anche democratici, fieri di incontrare personalmente il leader ucraino.

Trump e Vance invece, nonostante la retorica della pace e dell’ospitalità nell’ufficio ovale, passano per coloro che hanno cercato di ridimensionare la figura di un eroe, incensando l’indispensabilità USA per la difesa ucraina ed europea.
Un’altra pessima figura per l’immagine dell’America come emblema della libertà mondiale.

La seconda ragione, meno probabile ma non implausibile, è che l’incidente possa essere stato convenuto tra le parti, oppure tra i soli Trump e Vance, magari per certificare agli occhi dei russi la buona volontà USA per un accordo di pace, e per ostentare la capacità americana di contenere l’intransigenza di Kiev sui territori contesi.

Staremo a vedere, e di sicuro, il contesto si presta ad ulteriori colpi di scena, che immancabilmente arriveranno.

Adriano Bomboi.

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