La Sardegna può farcela da sola?

Dialogo sui luoghi comuni in materia di indipendentismo.

Senza l’Italia che facciamo?

Mentre tu segui la destra, il centro o la sinistra italiana, lo Stato intermedia gli interessi della tua terra in Europa e nel mondo. Il problema non è solo a Cagliari, ma nella struttura centralista dello Stato.

Non capisco. Perché?

Se gli allevatori Sardi manifestano per i loro problemi vengono (letteralmente) presi a manganellate*, quelli del nord’Italia no.

Come mai?

Perché politicamente conta di più il territorio che ha più politici a Roma, la Sardegna ha meno abitanti, quindi meno elettori e quindi meno peso in Governo e nel Parlamento.

E’ normale. Che ci possiamo fare?

Non è normale. Solo nelle dittature esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B, esiste già il modo per superare questo problema in una democrazia e si chiama autonomia, si chiama federalismo, si chiama sovranità.

La Sardegna è già Autonoma, le colpe sono solo della politica cagliaritana.

La Sardegna oggi non riesce neppure a riscuotere le sue tasse perché Roma lo fa al posto nostro, così come, in base alla Costituzione, gestisce i nostri Beni Culturali ed una serie di pertinenze strategiche. Che “Autonomia” è una comunità che non può gestire la propria economia, né insegnare e formare i cittadini sulla sua storia potenziando quindi anche la sua promozione turistica? C’è pertanto un problema istituzionale e legislativo di base.

Ma finiremmo isolati comunque dal mondo, la Sardegna è povera.

Tutte le economie dipendenti da altri interessi sono “povere”, pensiamo all’Irlanda prima dell’indipendenza. L’indipendenza non è isolamento, ma integrazione nelle dinamiche culturali ed economiche dell’Europa e del mondo dalle quali proprio oggi siamo tagliati fuori.
Non esiste Stato al mondo capace di vivere economicamente da solo, viviamo in un mondo globalizzato costituito da interscambi commerciali. L’autarchia (o detta anche “economia chiusa”) non esiste più, uno degli ultimi Stati a tentarla in passato con insuccesso fu proprio l’Italia del periodo fascista. Da uno studio del giornalisti del gruppo RCS (Corriere della Sera e Sole 24 Ore) è emerso che la nostra isola potrebbe essere indipendente se riuscisse a gestire una finanziaria annuale di circa 11/13 miliardi di euro, l’aspetto straordinario è che fin da oggi, caso unico in tutta la Repubblica, siamo l’unica Regione che in rapporto ai propri ritardi territoriali riesce a muovere una finanziaria annuale di circa 7 miliardi di euro. E se pensiamo al multimiliardario debito dell’Italia con la Sardegna sulla sovranità fiscale determinata dal nostro Statuto Autonomo e al potenziale del nostro territorio…

Dobbiamo ridurre fisco e burocrazia per attirare investimenti, valorizzando il settore primario, secondario e terziario dell’economia. La Sardegna dovrà passare da un indotto assistenziale ad una crescita virtuosa, abbattendo sprechi e parassitismi politici.

Ma non abbiamo una classe dirigente preparata.

E’ vero! In oltre 150 anni con l’Italia la Sardegna ha dato a Roma alcuni Capi di Stato, decine di ministri, politici vari, centinaia di agenti segreti, migliaia di militari, medici, ricercatori, tecnici, addirittura il primo premio Nobel nella letteratura (Grazia Deledda), musicisti a tanto altro! Siamo anche una delle regioni con il più alto numero di scrittori in Italia. Non siamo riusciti a governare la Sardegna perché ci siamo occupati di co-governare uno Stato che oggi conta oltre 60 milioni di abitanti!
La classe dirigente si forma per gradi, anche con una riforma del nostro sistema scolastico. Ma fin da oggi abbiamo personalità preparate.

Ma chi li vota i partiti Sardi? Non contano nulla!

Nelle elezioni provinciali del 2010 l’insieme dei partiti autonomisti ed indipendentisti ha raggiunto il 23,34% di voti e non si è trattato solo di protesta. Possiamo competere con i partiti italiani per poter passare gradualmente alla stagione delle grandi riforme istituzionali.

Ma divisi? Il 23% non è neppure la maggioranza.

Siamo in democrazia, per pesare non occorre avere il 50% più 1 di voti, chiunque conosca le leggi elettorali sa che è necessario pesare in una coalizione politica per poterne orientare l’agenda delle riforme. Ridurre la frammentazione tra sigle è necessario, anche senza fare un partito unico. Ci sono segnali importanti.

Saremmo comunque un piccolo e debole Stato.

La Repubblica di Malta ha circa 410.000 abitanti e fa parte dell’Unione Europea, un quarto della Sardegna. E nessuno si lamenta! Bisogna inoltre considerare che fra le migliori 20 economie del mondo non vi sono Stati estesi ma piccoli, come confermano anche vari economisti, fra cui Alberto Alesina (The size of nations, MIT press 2003).

Ma la Sanità chi la pagherebbe?

Svegliati! La Sardegna lo sta già facendo dal periodo dell’intesa Stato-Regione della Giunta Soru, e con un enorme debito di bilancio a causa delle altre riforme non ancora avviate. Non delegare solo i partiti italiani nella mediazione dei tuoi interessi.

La Sardegna ha il problema dell’insularità.

La Corsica ha circa 300.000 abitanti ed in rapporto al suo indice demografico ha più collegamenti marittimi ed aerei della Sardegna.

Ma raggiungere l’indipendenza è utopia.

Non siamo nell’800! L’indipendenza non è un salto nel buio dall’oggi al domani, ma un processo democratico. Un processo di cui gli stessi cittadini, gradualmente, saranno protagonisti, dopo una seria fase autonomista in cui saranno attuate riforme economiche e sociali, tra cui la riscrittura dello Statuto Sardo. Un percorso politico già in atto per far conoscere ai Sardi il loro passato, le loro possibilità e per migliorare le nostre competenze amministrative. Scozia, Catalogna e Québec sono già avanti in questo processo.
La Comunità Internazionale ha recentemente stabilito che persino l’autodeterminazione unilaterale di un territorio è possibile e legale. E’ un fenomeno che dalla fine della guerra fredda ad oggi si sta divulgando.

E se volessi rimanere con l’Italia?

Intanto facciamo una vera Autonomia, solo in seguito verrà proposto un referendum sull’autodeterminazione. Ma se vogliamo svilupparci, dobbiamo lasciar perdere i partiti italiani con i loro fasulli interessi di importazione, che non corrispondono ai nostri.

Ma io non voglio fare solo l’allevatore e la Lingua Sarda non serve a nulla.

Con il graduale sviluppo delle competenze amministrative, possiamo espandere tutti i settori dell’economia, incluso il terziario (come nel turismo). Rimuovendo anche quel modello economico industriale che in passato ci ha imposto Roma: inquinante, fallimentare, che crea disoccupazione ed un sistema clientelare basato sulla conservazione. Un modello assistenzialista che ci danneggia, che consuma ricchezza al posto di investirla sul territorio. Circostanze che spesso ci costringono ad emigrare, persino in ambito universitario, senza darci la possibilità di investire in loco le nuove competenze acquisite. Dobbiamo inoltre defiscalizzare per avviare il sistema della zona franca, già presente in diverse parti d’Europa, per attirare capitali ed investimenti che creino sviluppo. Elementi che si possono avviare da ben prima di una completa indipendenza.
In merito all’allevamento, se tutelato correttamente, le nostre produzioni potrebbero competere fin da oggi con colossi internazionali come la Nuova Zelanda.

A Malta oltre all’inglese parlano la loro lingua, lo stesso avviene in Catalogna ed in tante minoranze linguistiche internazionali. La Lingua non è solo un veicolo di comunicazione sociale e culturale, ma serve anche a tramandare la nostra letteratura, il nostro essere cittadini del mondo mediante la nostra identità, e serve inoltre ad avere un vasto potere di rivendicazione politica e fiscale rispetto a chi ci vuole tenere omologati a Roma.
A nessuno verrà imposta la Lingua Sarda, ognuno parlerà anche l’italiano e ciò che ritiene opportuno. Ma sicuramente si parlerà maggiormente anche altre lingue internazionali, dalle quali l’Italia fino ad oggi con il suo provincialismo ci ha escluso rendendoci inadeguati. Basta piangersi addosso!

* L’episodio si riferisce alla carica di Polizia ricevuta dal Movimento Pastori Sardi durante il pacifico tentativo di recarsi a manifestare a Roma a fine 2010.

- Per essere pragmatici e con qualche indicatore economico sui problemi attuali, leggi anche:L’indipendenza della Sardegna oggi non è possibile“.

Gruppo U.R.N. Sardinnya

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    24 Commenti

    • Quanto all’insularità, il problema sta solo nella mente di chi ha poca elasticità mentale, in molti casi l’insularità è addirittura un vantaggio. Inutile ricordare quali grandi stati sono anche geograficamente isole.

      Re: Giusto sulle proporzioni.

    • Perché la Sardegna si deve affrancare dall’Italia?
      Perché ogni popolo ha il diritto di esistere e in libertà decidere sul proprio presente e progettarsi il futuro.
      La Sardegna ha un proprio territorio, un proprio mare, un proprio cielo, una propria storia, una propria lingua, una propria cultura.
      I sardi sono sempre stati coscienti della diversità tra la loro identità e quella de sos continetales. Tale diversità è dovuta per millenarie ragioni e vicende storiche che centocinquanta anni di dominio italiano non possono e non gli deve essere concesso cancellare.
      La Sardegna è una nazione e la riconquista della sua sovranità rientra in pieno diritto nel contesto della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli.
      La libertà è la base per un vivere dignitoso dei popoli quanto dei singoli individui.

    • LA SARDEGNA PUO FARCELA DA SOLA?

      La maggior parte dei nostri conterranei non si pone nemmeno vagamente la domanda.

      Quando ci capita di parlare di Sovranita’ e di Indipendenza sentiamo fare sempre le stesse dichiarazioni convinte: Ma maccu ses? Ma si semus solos morimus de sa gana! Oppure: Ma si nos son mantenedde issos!

      Un’altra convinzione popolare è quella di non avere una classe dirigente capace di gestire L’indipendenza.

      Tutto questo non è opera di autoconvincimento ma bensi’ è frutto del lavoro strisciante delle strutture centralistiche dello stato italiano, vedi stampa, televisione, sistema scolastico.

      I nostri stessi insegnanti, figli di massaios e de pastores sono stati addestrati
      all’opera di cancellazione della nostra identita’.

      Per nostra fortuna qualcosa si sta muovendo nel senso della acquisizione di maggiore diritto al recupero della “limba”, dell’identita’ e al riconoscimento e al rifiuto di una economia di tipo coloniale imposta dallo stato italiano e sotto molti aspetti devastante, vedasi inceneritori, cementerie, pale eoliche, petrolchimica, basi militari e quanto di piu’ di inquinante portato in terra Sarda.
      Tutto questo è avvenuto con il beneplacito delle varie giunte regionali, dei partiti italiani e delle loro cinghie di trasmissione quali i sindacati principali.
      Ribaltare questi equilibri economici è diventato per noi un dovere.

      Recuperare le potenzialita’ produttive delle nostre campagne, migliorare la qualita’ delle acque potabili, risanare il territorio in funzione del miglioramento della qualita’ della vita e anche per un aumento dei flussi turistici sono solo alcune delle azioni immediate da portare a compimento.

      Nessuno di noi è cosi’ infantile da credere che tutto questo si possa realizzare in un batter d’ali ma se noi iniziamo veramente a parlarne e a lavorare in questa direzione non saremo piu’ l’ultima isola del mediterraneo!

    • la sardegna “deve” farcela da sola!!! deve togliersi dagli stinchi il peso morto di un’italia che se l’è trovata regalata, anzi venduta da proprietari feudatari ai primordi e foraggiata da feudatari moderni ora, servi di uno stato maledettamente ladro che ha imposto la sua tirannia con l’estirpazione sistematica delle giovani leve, vedi tutte le guerre dove ……ci siamo fatti massacrare per onorare una parola data al nostro posto da padroni schiavi di padroni.
      Deve avere e appropriarsi di se stessa senza pagare dazi ad altri.

      E siamo in ritardo di secoli, legati all’ignoranza, al pezzo di pane lanciatoci ogni tanto sotto la tavola degli sfruttatori per tenerci buoni e servi, intenti come siamo ad appropriarcene mordendoci tra di noi!
      Il peggio da soli sarà già meglio del meglio da schiavi!

    • uu populu ki komunigara in limba foresa teniri pagu tempusu benirori.

      Non capisco. Perché?

      Se gli allevatori Sardi manifestano per i loro problemi vengono presi a manganellate*, quelli del nord’Italia no.

      Amigu seusu nosusu colonitzau

    • Salve a tutti. Non posso che trovarmi daccordo con i contenuti letti in questa pagina. Teniamo duro! L’indipendenza non è solo un sogno. L’indipendenza è l’unico modo per riscattare il nostro popolo da anni di barbaro sfruttamento e violenta repressione prima e di sottile e continuata opera di cancellazione poi.
      Credo che la Sardegna oltre che zona franca per attirare investimenti esteri,(direi che si tratta di un ottimo spunto), debba puntare alla produzione di energia pulita. Il vento soffia tutto l’anno, il sole è bello forte, i boschi hanno bisogno di piani di assestamento coscienziosi per permetterci il loro utilizzo nella produzione di biomasse. E non solo. Costruire infrastrutture più moderne, estromettere le multinazionali, riappropiarci delle coste “sfruttando” ed assecondando la vocazione della nostra terra, riappropriarci delle nostre montagne creando un forte settore di turismo alternativo anche lontano dal mare.
      Ma tutto questo è veramente possibile?
      Non senza un colpo di mano dicono in molti.
      Abbiamo bisogno di una riforma agraria se vogliamo sottrarre le terre dal loro inutilizzo secolare. I grandi hotels della costa smeralda e non solo), che assumono personale non sardo, oppure ci tengono relegati nel retro cucina, (senza dimenticarsi di non fare di tutta l’erba un fascio), avranno diritto alle loro concessioni sulle spiaggie? Avranno diritto a farci concorrenza nel settore turistico? O forse sarebbe meglio che gli introiti del settore rimangano nell’isola? I padroni di interi tratti di costa, che hannoo pagato e sono in possesso di regolare documentazione per le loro proprietà…come ci si confronta con queste persone? Avremo bisogno di confische e chissa che altro? Dovremo sottostare a compromessi? Scusate se mi sono dilungato ma l’argomento è ricco e vasto. Quando la testa scoppia di domande è il momento buono per il dialogo. Grazie a tutti. A medas annos.

    • sardinna libera dae sos tirannos,x starebene ci vuole s indipendenzia

    • La Sardegna deve essere indipedente. L’atteggiamento dei sardi verso se stessi e lo scarso amore per la propria terra è assurdo e autolesionista. Avete una terra fantastica, ricchezze di ogni tipo, una posizione strategica per i commerci , tanti giovani laureati e in gamba, donne bellissime, vi siete preservati nei secoli siete un popolo unico con caratteristiche uniche. Vi volete svegliare maledizione?? e fate figli amici sardi , fate figli avete tassi di natalità da estinzione. Saluti da Stoccolma.

    • Bellissimo articolo!

      Il problema è che ci sono sardi che, se tocchi loro la “Sacra Patria Italia”, diventano degli idrofobi “patrioti” italiani di metà ’800 e ti tacciano di leghismo, ti dicono che irridi i sardi, ti danno dell’isolato leghista rincorri-savoia ancora fermo ai tempi dei nuraghi, ti danno del troll, ti dicono che devi studiare la Storia della Sardegna ove c’è scritto che Eleonora d’Arborea ha fatto sbarcare apposta gli Aragonesi, trasformano Angioy in un massone-leghista che voleva invadere la Sardegna con i francesi fino a, udite udite, parlare di radici italiane (???) dell’Isola.
      Cianciano di un presunto 95% di sardi che si sentono italiani e che non vogliono noi indipendentisti perché non siamo credibili (e i partiti italiani sono credibili, invece??), sentendosi in diritto di parlare a nome di questo (presunto) 95%. Ti dicono di andartene assieme al Psd’Az (quando, in realtà, io sono per gli indipendentisti veri e propri: leggasi iRS; leggasi aMpI; leggasi ProgReS… i quali hanno un programma rispettabilmente serio, che i partiti italiani non proporranno MAI)!
      Il bello è che non si rendono conto che fanno il gioco del merigheddhu italiano che vuole dividerci. Lo diceva già Sale nel 2009: destra e sinistra italiana DIVIDONO!! L’ho anche detto io a più riprese: l’italia DIVIDE i sardi!! In indipendentisti e unionisti!
      Inoltre, quando a proporre il Parco Geominerario o una riforma agraria (o qualsiasi politica che può andare a nostro vantaggio) è un unionista, tutti a dire “bravo!”; quando queste cose le propone un indipendentista, giù con insulti e sproloqui che ho elencato di sopra.
      Purtroppo il Popolo Sardo deve ancora maturare, prima di sfatare i tabù che noi indipendentisti abbiamo sfatato da tempo. La società sarda attuale, purtroppo, al momento è un tabù con tanti “sotto-tabù”. Non voglio essere pessimista, ma dobbiamo ancora lavorare parecchio per risvegliare la coscienza collettiva sarda e smontare tutte le demonizzazioni e le mistificazioni colonialiste che ci affliggono da quasi 300 anni (ribadisco: piaccia o non piaccia, l’italia e la sua politica sono figlie dello Stato corrotto piemontese-sabaudo di ’700 e ’800 di “casa savoia”; Giolitti, Mussolini, 40 anni di centrismo della Prima Repubblica e questi ultimi 20 anni di berlusconismo, in cui a governare è stata una squadra di calcio, hanno continuato l’opera e fatto il resto… così come continua un governo di massoni-bancari-tecnici attualmente) e stanno annullando le nostre coscienze di Tzitadinos Sardos!
      Quando andavo al liceo e discutevo di indipendentzia con alcuni in classe mia, c’era un destrista che, sentendomi parlare di indipendentzia pro sa Sardigna, mi diceva “Già sese accontzu! Si ci demmu a l’indipendentzia, murimmu!” e altre amenità simili (tipo che non abbiamo un’economia; addirittura, per lui era giusto che il nostro patrimonio energetico a cui si riferiva Sale andasse al 98% a Roma e qui ne rimanesse solo il 2%!).
      Comunque, ripeto, non sono pessimista. Anzi, questo ci deve esortare ad essere più forti e ad andare avanti senza paura per convincere anche i più reticenti che ci si può sbagliare a fidarsi ciecamente degli italiani.

      A Ignazio vorrei dire che per come i vips hanno cementificato spudoratamente la Costa Smeralda, esproprierei di corsa quelle terre e le farei bonificare per restituirle ai sardi e all’economia locale. E quest’anno, ne festeggiavano i 50 anni. Si, 50 anni di un colonialismo selvaggio che non ha giovato per niente ai sardi e che ha distrutto quell’ecosistema. Ci sono andato 2 anni fa, a Porto Cervo, con le mie zie campidanesi che volevano vedere il posto. Ho visto le case che non c’entrano niente col posto ed è una VERGOGNA. In più, c’erano altre cementificazioni abusive in costruzione. Per non parlare dell’industria pesante dei Moratti, degli americani di ALCOA et similia… Industria fallimentare perché non c’entra nulla con l’economia locale ed è un pericolo per la salute degli abitanti delle zone limitrofe così come i poligoni di tiro.. Credete che la tanto decantata “chimica verde” di Porto Torres decollerà? Come no.. Quale chimica? O le centrali di stoccaggio della CO2 sotterranea che vogliono adesso? Così coltiviamo veleni sottoterra che, se un giorno dovessero raggiungere la superficie, ucciderebbero gli abitanti dei paesi vicini per asfissia. E potrei ancora continuare, l’elenco è lungo..

      Menzione d’onore per Jurgen dalla Svezia: leggere il tuo post è un piacere, amico! Il consiglio di fare figli è un ottimo consiglio. Purtroppo la mentalità italiana ha sostituito quella sarda di un tempo. Ma, fino a 50 anni fa, c’erano sempre famiglie numerose in Sardegna. Certo, allora c’erano anche malattie e tasso di mortalità infantile più alti di oggi. Ma c’erano famiglie degli stazzi con minimo 7-8 figli, ad esempio. E mangiavamo quello che producevamo. Oggi siamo diventati dei consumatori di alimentari importati. Se tu ci pensi, giustamente, ti viene da dire che è una follia che i Sardi importino il grano quando si può coltivare in Sardegna! Inoltre, la mala politica fa di tutto per chiudere le aziende agricole… quando invece è l’agropastorale/agroalimentare il settore trainante dell’economia sarda! Invece ci si è buttati sul modello antieconomico di industria pesante ed edilizia. Ecco i risultati, dopo 60 anni di “autonomia” gestita da partiti italiani ma anche di politiche scellerate dello Stato italiano.
      Comunque mi fa piacere che come te ci siano non-sardi che pensano che l’indipendentzia sia l’unica strada per il futuro della Nostra Isola! :-)
      Anche De Andrè scriveva: i Sardi penserebbero meglio se fossero indipendenti.

      Ops, chiedo scusa: mi sono accorto adesso che quest’articolo è del 2011… Scusate il necropost e scusate il lunghissimo sfogo. Ma io non ho il dono della sintesi.

    • Non basta, commenti insufficenti, poco convincenti, ci vogliono dati economici, reali, fatturati, trasferimenti regione stato, nessuno ha questi dati

    • A che serve reperire dati (insufficienti) quando la Regione non riesce neppure a farsi valere l’art. 8 dello Statuto Autonomo in materia di entrate fiscali grazie ai partiti italiani di destra e sinistra? Lo Stato continua a trattenere il gettito maturato dai Sardi.
      Lo scopo dell’indipendentismo è quello di migliorare le condizioni attuali in funzione dell’indipendenza, non dopo l’indipendenza.

      Prima bisogna potenziare l’autonomia e farla rispettare.

    • bene!! mi aspettavo questo,ora sono con voi.


    • si!la sardegna può è deve farcela da sola!
      io sono d’accordo con l’indipenenza sarda,un indipendenza dove
      la sardegna sia una nazione in europa!
      e non è un utopia è possibile!e per i tempi che stiamo vivendo penso sia l’unica soluzione e la più giusta per il nostro poppolo.

    • [...] febbraio 27, 201113 [...]

    • Antonello del 26 ottobre alle ore 20:25,
      Sei Antonello del blog di Ju29ro?

    • Viviamo un tempo di grandi diseguaglianze, alimentate e ingigantite dalla crisi dei mercati ma ancorpiù dalla crisi e la difficoltà della rappresentanza politica a riconoscere le priorità e trovare soluzioni ai bisogni dei cittadini.
      Il governo della repubblica dimostra giorno dopo giorno la sua incapacità a garantirci uno status tra pari.
      La nostra autonomia speciale svilita e vilipesa nei rapporti con lo stato, il governo ed alcuni suoi ministri, appare sempre più inadeguata ai tempi ed alle necessità della nostra gente.
      La repubblica italiana, a parole, proiettata verso l’Europa rivela sistematicamente, nei fatti, un crescente neo centralismo che mal si accompagna alle modifiche costituzionali di segno federalista degli ultimi anni.
      I nostri sforzi per liberare il collo della nostra e
      conomia dal cappio che la stringe perenne, la continuità territoriale, la vertenza sulle entrate sono sotto gli occhi di tutti e sono diventati grazie al partito sardo patrimonio di conoscenza di tutti i sardi.
      La nostra regione ha pagato e paga in termini di servitù come nessun altra nella secolare storia della repubblica italiana.
      Poligoni militari, bacini idroelettrici in concessione perenne, costo energetico, trasporti e credito hanno difatto limitato lo sviluppo economico della nostra regione.
      Il nostro territorio già mortificato dall’inquinamento post industriale rischia un tracollo ambientale per l’ulteriore aggravio di nuove possibili servitù e dalle inattuate, mancate bonifiche delle aree dismesse che potrebbero aiutare il sopravvissuto tessuto economico contenendo la crescente disoccupazione e conseguentemente rilanciando i consumi.
      La nostra più importante ricchezza é il territorio, vero, possibile, volano economico, capace di rilanciare lo sviluppo dell’intera isola, sopratutto delle zone interne, seriamente compromesse nei settori dell’agricoltura e allevamento, già provati dalla crisi dei mercati e dall’incapacità di proteggere i nostri prodotti e le nostre aziende aggredite dall’assenza di politiche sul credito e da un erario kapò quanto mai irragionevole e becero.
      Già questo basterebbe ad alimentare e sostenere il percorso democratico all’autodeterminazione, alla non dipendenza, alla sovrana necessità degli uomini e donne liberi di scegliere come affrontare il proprio destino a casa propria.

    • Solo un appunto a Solinas: la repubblica italiana non è “secolare”: esiste da appena 66 anni!

    • Hai ragione Marco Antonio; é più corretto con lo stato italiano.

    • Pensare di approvarte ciò che è stato fatto dalle varie giunte regionali per i sardi e una mera illusione. Ora io penso che se dalla sardegna partisse un segnale di 400.000 voti ad un unico movimento, il governo centrale si dovrebbe interrogare se c’è voglia di indipendenza o no!

    • E’ certamente una problematica “spinosa”, ove entrano in ballo rivendicazioni…statalismi….interessi personali…..
      Io, da “continentale” e di sangue ed educazione sardi (…con orgoglio!) mi limiterei a guardare i fatti reali, per poi concludere nel modo piu’ consono:
      - La Sardegna fà parte dell’Italia ed è una Regione a statuto speciale
      al pari della Val d’Aosta.
      - Le radici culturali, linguistiche, etc. della Sardegna in Alcun caso
      andrebbero lasciate o dimenticate, semmai valorizzate senza sostituzioni
      inutili, bensì affiancate.
      - La Sardegna, purtroppo, è stata sia per eventi temporali,
      magari inavvertitamente aiutata dalla scarsa prontezza difensiva della Regione
      intesa come popolazione o rappresentanza politica,
      teatro di un vero e proprio “scempio” a livello di una sorta di colonizzazione:
      persone esterne che commerciavano sfruttando il territorio, portando via
      le ricchezze e lasciando “le macerie” dietro, al territorio ed alla popolazione
      locale.
      - Si è visto che in casi di emergenza, sia economica che sociale,
      gli interventi tesi a risolvere i problemi siano stati, se non inesistenti,
      quanto meno inefficienti.
      - Fà parte della Nazione quando ci son da fare sacrifici o quando c’è da prendere
      qualcosa e quando invece serve da intervenire è una Regione a sè,
      con discriminazione di fatto rispetto ad altre Regioni(lo dicono i Fatti!)
      - Nel passato, seppur come longitudine è una Regione pienamente nel Mezzogiorno,
      la relativa Cassa (prestiti a fondo perduto/investimenti) non mi sembra
      che abbia prestato la massima attenzione alla Regione,
      quanto magari ne ha prestata a zone magari a 50 Km da Roma
      (leggasi Pomezia, etc) che di certo mi sembran più titolate rispetto
      a tale Cassa……….ma il passato è passato!

      Vedendo tutto ciò, ritengo personalmente opportuno ed auspicabile trovare una
      soluzione Reale, perchè non credo che in futuro cambierà Nulla!
      Magari esistesse una forma tipo “consorzio”, ove le regioni stiano insieme,
      ma ognuna per conto proprio, con maggiore autonomia: tra turismo intelligente
      che porti sviluppo e ricchezza alla Regione e non a pochi capitalisti esterni,
      le risorse ittiche-alimentari e qualche intervento snellente per la burocrazia,
      la possibile costituzione di zona-franca, son certo che potrebbe farcela e bene,
      grazie ad un “Asso nella manica”: la popolazione sarda, che generalmente
      in quanto a Valori, determinazione, spirito di sacrificio ed affidabilità,
      ha ben pochi rivali! Forse è un mio sogno, ma è proprio Impossibile trovare
      una forma pacifica e legale di un autonomia che sviluppi realmente la Regione
      a vantaggio per una volta della popolazione interna?
      Scusate, sognare non costa nulla….e la Speranza è l’ultima a morire.
      Certamente son soltanto i sardi dall’interno, senza estremismi, che potrebbero iniziare un cambiamento…magari potessi far qualcosa pure io…Coraggio dunque!
      Un abbraccio augurale a tutta la Sardegna.

    • LA SARDEGNA AUTONOMA SAREBBE ANCHE UNA ZONA FRANCA, .. NON Può ESSERE SCHIAVA DELL’ITALIA

    • LA SARDEGNA ZONA FRANCA NON Può PAGARE ACCISE SULLA BENZINA, GASOLIO, IL GASOLIO AGRICOLO OGGI COSTA OLTRE 70 CENTESIMI AL LITRO…… ALCUNI MESI FA COSTAVO OLTRE ON EURO AL LITRO

    • ______________ BUON ANNO NUOVO 2018 A TUTTI

    • [...] diventa di cruciale interesse per isole come Malta e Sardegna. Quest’ultima, secondo una certa interpretazione diffusa nella penisola italiana (nonché sulla stessa isola sarda), qualora dovesse diventare [...]

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