I Sardi dicono no al nucleare nel referendum promosso grazie a Sardigna Natzione

Quorum raggiunto e referendum consultivo stravinto.
Stando ai dati forniti dalla Regione, quasi il 100% degli aventi diritto al voto che hanno partecipato a questo importante appuntamento con la democrazia si è espresso contro la possibilità che in Sardegna si facciano centrali nucleari e depositi di scorie radiologiche (come ad esempio alcuni rifiuti industriali).
Non si poteva perdere: il disastro occorso in Giappone e gli innumerevoli dubbi e motivazioni a sostegno di una convinta avversione al nucleare hanno fatto breccia nei Sardi.
Ma il nazionalismo Sardo non ha proposto il referendum per cavalcare la paura collettiva, come non si può affermare che il merito di Sardigna Natzione (e del suo coordinatore Bustianu Cumpostu) sia stato solo quello di aver raccolto le firme che hanno consentito ai Sardi di dare la loro opinione contro la linea del Governo centrale, il merito di SNI è stato anche quello di ricordare al Popolo Sardo che la Sardegna produce abitualmente più energia di quella consumata. Il resto della penisola è un caso diverso.
I temi contro il nucleare dunque non sono stati solo quelli relativi alla sicurezza, ma quelli relativi al motivo di fondo per il quale si avvia una infrastruttura strategica in un territorio, un motivo riassumibile nel quesito: è utile o meno?
Ecco perché chi temeva che i Sardi non votassero contro il nucleare (ma anche coloro che erano a favore) ricordavano spesso che il nucleare esiste anche in Francia e le radiazioni non hanno frontiere geopolitiche. Una giustificazione dettata da una rassegnazione che si è rivelata infondata, perché oltre 800.000 Sardi hanno dato il loro convinto parere. Non si è trattato solo di una scelta sulla sicurezza o sulla generazione tecnologica dell’eventuale centrale atomica Sarda, si è trattato del fatto che in una democrazia un Popolo ha il diritto di scegliere la sua politica energetica senza imposizioni, a maggior ragione quando il suo territorio esprime già un surplus energetico e sopporta sulle proprie spalle decine di installazioni militari che gravano sull’economia e sul territorio secondo diverse forme. Lo diciamo, pur essendo questo uno spazio che ha tradizionalmente sempre avuto un grande rispetto della professione militare.
I partiti italiani, ed in particolar modo il Partito Democratico, non solo non hanno speso alcun impegno per la promozione del referendum consultivo contro il nucleare (al di là della concreta ipotesi che non si faccia comunque una centrale), ma si sono avvicendati propagandisticamente a questa battaglia politica solo di recente, tentando di cavalcare il lavoro fatto dall’indipendentismo Sardo. Perché i partiti italiani arrivano sempre in ritardo, e se possono, si mettono anche di traverso. Il PD ad esempio votò per l’ampliamento del poligono militare di Quirra in materia di sperimentazioni nel nostro ambiente, ma oggi finge interesse per la nostra isola e solo in chiave anti-berlusconiana.
Il PDL Sardo invece dal canto suo dovrebbe domandarsi che senso abbia permanere in un organismo verticistico e centralistico come il PDL romano, le cui scelte sono in netto contrasto con le esigenze della Sardegna e del suo sviluppo. Ci chiediamo anche come mai l’Italia dei Valori si sia interessata solo recentemente al lavoro del comitato anti-nucleare coordinato da Bustianu Cumpostu. Il nazionalismo Sardo non ha tempo da perdere con questo grossolano ritardo culturale della politichetta italiana nella sua guerra tra bande.
Lo stesso comitato “si.nonucle” non potrebbe chiamarsi fuori da una sana e costruttiva critica: nel corso di questi mesi la trasversalità dei membri e la neutralità ideologica avrebbe potuto rappresentare la chiave capace di aprire la porta ad una maggiore partecipazione del referendum da parte dei Sardi (nonostante gli oltre 800.000 elettori abbiano dato un senso di unità e convinzione che spazza via lo stereotipo dei Sardi pigri e divisi), ma ciò non è avvenuto a causa della parzialità ideologica di alcune componenti che hanno allontanato parecchie personalità dall’aderire al comitato, ed anche a causa dello scarso coinvolgimento di terze amministrazioni/formazioni politiche italiane che avrebbero potuto dare un maggior contributo nell’informazione ai cittadini sul territorio. In alcuni casi infatti Sardigna Natzione ha sprecato il suo impegno senza raggiungere la cittadinanza e reiterando solo nel proprio circuito politico le ragioni del referendum: una linea autoreferenziale già tristemente nota non solo in Sardigna Natzione ma anche in diverse sigle indipendentiste. In qualità di partner, U.R.N. Sardinnya nel 2010 si ritrovò a contattare diversi parlamentari e politici del centrodestra, scoprendo che molti di essi non erano a conoscenza dell’esistenza del comitato, benché i suoi vertici affermassero il contrario. Non vi erano quindi fin dall’inizio i requisiti minimi di trasversalità necessari allo sviluppo ed al peso del comitato. Per il successo plebiscitario dello scorso 15 maggio, oltre al drammatico incidente atomico giapponese, si deve pertanto ringraziare non solo Sardigna Natzione per aver reso possibile l’evento, ma anche la serie di associazioni, altri comitati anti-nucleare e svariate personalità e formazioni politiche che, indipendentemente dal comitato “si.nonucle”, hanno raggiunto la cittadinanza informandola sull’inutilità del nucleare.

A Roma sappiano che da oggi i Sardi sanno essere attenti e compatti, ma, come ha affermato anche la musicista Sarda Claudia Aru, sappiano che questo fenomeno è partito dall’indipendentismo, che storicamente (come il vecchio PSD’AZ), è sempre stato il vero punto di riferimento della politica Sarda. C’è una minoritaria Nazione Sarda che vuole elevarsi al pari di quella italiana per poter contare in Europa e nel mondo, continuiamo dunque a sostenere i partiti Sardi e non quelli italiani affinché nessun governo romano, di qualsiasi colore politico, possa solo immaginare di deturpare l’enorme potenziale economico e culturale della Sardegna.

U.R.N. Sardinnya invita a votare contro il nucleare al referendum statale abrogativo del prossimo 12 giugno, qualora rimanga in vigore, e lascia libertà di coscienza agli elettori sui restanti quesiti referendari, che riteniamo esclusivamente ideologici.

- Uno dei manifesti del comitato “si.nonucle” contravvenenti alle regole di neutralità previste per la promozione del referendum: JPG

Di Melis R. e Bomboi A.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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    4 Commenti

    • Considerate la privatizzazione dell’acqua un fatto esclusivamente ideologico???

    • No, non giudichiamo ideologica l’ipotesi della privatizzazione dell’acqua ma il referendum che attribuisce questo rischio alla normativa Ronchi, la quale si limita semplicemente (a nostro avviso) a liberalizzare il servizio della gestione idrica (e non la sua proprietà come sostengono i referendari), in linea con quanto già avviene in tutto il mondo occidentale e senza particolari aggravi agli utenti.

    • [...] Cara Pes, il merito della vittoria va al comitato “si.nonucle” ed anche a Sardigna Natzione che ha raccolto le firme per poter indire il referendum consultivo. [...]

    • ROMA – La Corte di Cassazione ha stabilito che il 12 e 13 giugno si terrà il referendum sul nucleare.

      E’ stata così accolta l’istanza presentata dal Pd che chiede di trasferire il quesito sulle nuove norme appena votate nel dl omnibus: quindi la richiesta di abrogazione rimane la stessa, ma invece di applicarsi alla precedente legge si applicherà appunto alle nuove norme sulla produzione di energia nucleare (art. 5 commi 1 e 8). (ANSA, 01-06-11).

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