Il ProgReS chiede treni pubblici? L’indipendentismo ‘moderno’ esca dall’ideologia para-statalista
Chissà cosa avrebbe detto un intellettuale del calibro di Antonio Simon Mossa nel vedere una delle ultime proposte del movimento ProgReS, cioè quella di attribuire alla completa gestione dell’ARST i nuovi treni di Trenitalia.
Non si fa in tempo a vedere una buona proposta (come quella del Fiocco Verde sulle Entrate) che puntualmente nell’indipendentismo torna a galla il classico para-statalismo della dipendenza, lo stesso che contestò Simon Mossa agli albori di una visione concretamente autonomistica dell’isola.
La logica di creare “compagnie di bandiera” o “flotte Sarde” nel settore dei Trasporti (ma persino in tanti altri servizi al cittadino), si inserisce in quel lungo filone culturale di vedere il Pubblico come unico detentore della giustizia sociale. Qualcosa che porta inevitabilmente a carrozzoni pubblici, disservizi e assistenzialismo. Stiamo parlando di quella tendenza sorta in Italia dai tempi della Prima Repubblica a statalizzare settori strategici dell’economia in spregio alle esigenze di efficienza e libero mercato dei cittadini. E’ il background ideologico nel quale la partitocrazia italiana in Sardegna (come nel resto dello Stato Italiano) ha creato una pletora di clientele in enti e sottoenti con cui ha perpetuato il suo potere nel tempo, addentrandosi nei territori e quindi nel tessuto sociale.
L’abbiamo ripetuto infinite volte: essere riformisti oggi non significa parlare di ulteriori carrozzoni pubblici, ma di libero mercato e di regole. Perché solo con queste ultime si spazzano via le posizioni dominanti e si garantisce la qualità dei servizi.
Noi riteniamo che ridurre le catene della dipendenza (liquidando così anche la malapianta del politicantismo) consista nel separare dalla gestione pubblica dei settori che, senza pregiudizi ideologici di stampo socialista, possono essere condotti dai privati attraverso bandi di gara caratterizzati da regole votate all’equità sociale. Tra le proposte della nostra associazione abbiamo anche l’ipotesi di realizzare un serio Antitrust Sardo capace di vigilare sul mercato interno. Una opzione che potrebbe trovare una sua applicazione nella fase delle grandi riforme istituzionali che la Sardegna attende, come la riscrittura dello Statuto Speciale. Infatti, sempre nel settore dei Trasporti, pensiamo a quanto avvenuto con la cessione della compagnia pubblica Tirrenia al cartello degli armatori nautici che per tutta l’estate 2011 hanno imbrigliato il nostro turismo e il diritto alla mobilità dei Sardi. Pensiamo al colpevole ritardo dell’Antitrust italiano, ma soprattutto alla sua inefficienza di fronte alla palese azione lobbistica degli acquirenti di Tirrenia. Una circostanza che solo l’Unione Europea ha potuto verificare vista l’impossibilità per lo Stato Italiano di assicurare alla Sardegna i nostri diritti.
Gli interessi della Repubblica Italiana sono spesso e volentieri contrastanti con quelli dell’isola. Dobbiamo tutelarci, e per farlo, dobbiamo evitare di caricare tutti i servizi sulle spalle dei nostri concittadini e delle loro tasse.
Di Bomboi A.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Che le regole del libero mercato non siano in grado di garantire equità sociale è sotto gli occhi di tutti, la crisi attuale del sistema economico occidentale lo sta dimostrando.
Il pubblico può essere l’unico a garantire dei servizi per il cittadino che non abbia come fine ultimo il profitto, non si parla di statalismo/assistenzialismo all’italiana, il pubblico può funzionare se gestito con trasparenza ed efficienza.
@Fabio veramente è sotto solo i tuoi occhi, e me non pare, mentra invece è sotto gli occhi di tutto l’ineficienza del settore pubblico, che è in grado solo di far mangiare i politici e i loro amici. Basta guardare successi della gestione pubblica come abbanoa o tirrenia.
Di libero mercato di questi tempi non se ne vede nemmeno l’ombra. Banche Centrali con monopolio della moneta, monopoli bancari che con i cicli di espansione del credito che creano le bolle che poi scoppiano e noi ne stiamo vedendo i risultati.
Inflazione della massa monetaria e trasferimenti di ricchezza mostruosi dalla classe media alle banche. Banche piene di debiti che falliscono ma vengono salvate con i soldi dei contribuenti. In un libero mercato sarebbero fallite con i loro debiti. Stati che falliscono perche’ aiutano banche fallite e imprese decotte tenute su solo da finanziamenti pubblici. Economia paralizzata da burocrazia, tasse dirette e indirette di ogni tipo, balzelli medievali. Caste, ordini, licenze di ogni tipo, corporazioni che neanche nel medioevo se ne vedevano. Con la scusa dell’evasione fiscale tra un po’ controllano anche quante volte andiamo in bagno e in tutto questo marasma che neanche in Unione Sovietica ci sarebbero arrivati continuiamo a cercare il cadavere del libero mercato?
Mi pare che come chi non è d’accordo sul welfare state attacchi i difetti della gestione pubblica, chi è contrario al liberismo attacchi l’attuale sistema. Tutto legittimo. Però non si dica che chi vuole un forte stato sociale è ideologico mentre il liberista no; anche il liberismo è un’ideologia e sempre più si rivela utopica..
Per qualcuno il libero mercato può essere un’utopia, ma utopia per utopia non abbiamo molte vie di mezzo.
O si vuole un sistema centralizzato dove le decisioni vengono prese da pochi (banche/oligopoli/autorities di vario tipo/tecnocrati modello Monti), e sono sistemi che la storia ha già bocciato perchè portano alla bancarotta dello Stato perchè alla lunga impediscono il calcolo economico distorcendo i prezzi di mercato; o l’altra soluzione è un sistema di libero scambio dell’economia (quello che sarebbe dovuta diventare in origine l’Unione Europea) dove chi controlla sono finalmente i consumatori e sono loro con le loro scelte a decidere quale azienda deve andare avanti o no. Al giorno d’oggi le uniche economie che vanno bene sono quelle più libere che si avvicinano di più al concetto di libero mercato, dove lo Stato non pesa in maniera abnorme sull’economia, dove la tassazione è bassa e dove non ci sono corporazioni/caste/settori priviliegiati e aziende statali che operano in monopolio. Se poi prendiamo l’esempio di Singapore, non ha il welfare state modello Svezia, anzi, lo Stato si intromette il meno possibile nell’economia ed ha il servizio sanitario migliore al mondo. Un sistema sanitario misto stato/privato con costi per il contribuente così bassi che se li sognano sia in Svezia che in Italia. Il tasso di mortalità è uno dei più bassi al mondo e tutti hanno cure garantite 24 ore su 24 e nessuno si sogna di essere rifiutato al pronto soccorso perchè mancano i posti..come succede nel Belpaese.