Granarolo acquisisce stabilimenti Podda. Arborea si espande. Quali considerazioni?
Economia: 11 giugno, si chiude l’accordo Granarolo-Podda. La società italiana dovrebbe incorporare il 65% degli stabilimenti Podda SPA, lasciando ad Alessandro e Ferruccio Podda il 35% della seconda azienda lattiero-casearia dell’isola nata nel 1952.
La Podda conferirà la rete commerciale e di produzione alla Granarolo, mentre quest’ultima fornirà il servizio logistico e di distribuzione regionale all’impresa Sarda.
Partiamo da un presupposto, quando un’azienda locale diventa appetibile ad una più grande significa che ha ben operato e consolidato la propria rete commerciale nel territorio. I Podda hanno creato un eccellenza del settore che per qualità e fatturato (15 milioni di euro annui) si pone al secondo posto del mercato locale, dopo la 3A di Arborea.
Le fusioni e le acquisizioni vanno dunque valutate positivamente -a prescindere dalla nazionalità- quando puntano ad incrementare il proprio fatturato nel mercato (e possibilmente salvando tutti gli operatori coinvolti nella filiera). Ma una politica commerciale si valuta in base ai contenuti ed agli effetti che produce. Sotto questo punto di vista la linea dei Podda appare ben diversa dal gruppo 3A. Infatti, mentre la 3A nel 2012 ha avviato un piano di espansione commerciale nel nord Italia e quindi verso un nuovo mercato, i Podda hanno realizzato un accordo di segno inverso, perché sarà la Granarolo ad introdursi nel nostro mercato, con tutto ciò che consegue in termini di fatturato a vantaggio dei nuovi investitori italiani rispetto agli imprenditori Sardi.
Sarà inoltre opportuno valutare quali effetti avrà questo accordo nelle produzioni locali dell’ovicaprino, anche alla luce dell’acquisizione da parte del gruppo 3A di Arborea delle Fattorie Girau di San Gavino avvenuto a fine 2011, inedita partnership oltre il latte vaccino con le quali l’azienda arborense punta ad integrare il proprio fatturato annuo superando i 140 milioni di euro.
Quale politica commerciale si riserverà di adottare la Granarolo nei confronti dell’ovicaprino Sardo? E come intenderà porsi la Arborea nei confronti del colosso italiano appena entrato nel nostro mercato? Riteniamo sempre più attuale l’ipotesi di creare un Antitrust Sardo a garanzia della trasparenza, della libera concorrenza e della tutela degli operatori commerciali e degli utenti presenti sul territorio, al fine di evitare zone d’ombra che rischiano di danneggiare i generali interessi economici della Sardegna. Non è pensabile che il nostro sistema economico divenga preda di gruppi esterni senza trarne il minimo vantaggio in termini di espansione commerciale e solidità occupazionale. Elementi di cui la politica Sarda dovrebbe tenere conto in ragione del fatto che “essere italiani” per noi Sardi non significa nulla in termini di ricaduta economica per il territorio nel momento in cui il fatturato di un determinato settore esce dal nostro tessuto economico. Anche la zona franca avrebbe aiutato non poco.
Persino la 3A di Arborea, nonostante sia occupata ad espandere la sua penetrazione in nuovi mercati, risente dell’italianizzazione del suo brand rispetto al valore aggiunto della tipicità Sarda. Un esempio? Nella sua nuova politica commerciale, la Arborea non ha esaltato il “made in Sardinia” (peraltro inesistente sul piano formale), ma il “made in Italy”, e contrassegnando il suo restyling con il motto: “L’isola felice delle mucche”.
Chi ha illustrato il nuovo payoff aziendale? Luciano Negri, valido direttore di marketing ma che dimostra l’assenza di una imprenditorialità locale diffusa e dedita alla promozione del nostro valore aggiunto (anche in termini linguistici Sardi).
Naturalmente i responsabili di questo deficit di valorizzazione territoriale nel campo della formazione, del management e del marketing vanno ricercati nelle università Sarde, anzi, nelle università italiane di Sardegna.
L’assenza di una seria formazione territoriale è la punta dell’iceberg di un tessuto socioeconomico incapace di valorizzare e di incrementare l’efficacia della sua performance, consentendo dunque situazioni nelle quali l’imprenditore -in questo come in altri settori- non solo non è protagonista ma è subordinato al rango di chi è obbligato dal contesto ad accodarsi.
Di Corda M. & Bomboi A. – Ass.ne U.R.N. Sardinnya.
Il comunicato della Granarolo S.P.A. 24 ore dopo l’accordo, in esso sarebbe previsto l’export: PDF
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Si va nella giusta direzione. Dopo lo scippo Parmalat (conferma acqusizione Lactalis America), é ora che il settore del Agri-Business Italiano sia dia una mossa e inizi a pansare che i tempi del proprio orticello sono finiti. O si crece o si esce! Ci sono ancora i margini per costruire un campione italiano del latte/formaggio/yoghurt. Se penso alle centrali del latte (centrale latte Salerno, Torino ecc.), oppure Latte Sorresina….é importante sopratutto per l’intera filiera italiana la quale va sviluppata, protetta e valorizata.
Per Babele:”Il discorso è che la filiera italiana, si sviluppa e si valorizza troppo sulle produzioni Sarde, quando il settore primario in Sardegna è in crisi”. Si puo’ dire che i prodotti del settore primario in italia, sono per la maggiorparte Sardi.Se per prodotto Sardo, si intende quello di identità “MADE IN ITALY”, si arriva molto facilmente alla situazione attuale di crisi del settore in Sardegna, ma di grandi vantaggi economici e di speculazione per tutto il resto d’italia.Il tutto perchè il prodotto Sardo non ha identità. Proprio per questo servirebbe il marchio “MADE IN SARDINIA” è una buona strategia di marketing, che è per altro conosciutissima, non è una novità.Il tutto unito con la creazione di un Antitrust Sardo.Ormai, di questo passo, non ci sarà da stupirsi se in futuro il tanto famoso Grana Padano, verrà prodotto in Sardegna.Poi negli spot televisivi avvertono :”Non scegliere uno sconosciuto, scegli grana padano, protagonisti a tavola”
[...] Trasporti, Assicurazioni, Telefonia, Credito, Poste, Agroalimentare, grande distribuzione commerciale ed altro necessitano di una nuova e più specifica normativa [...]
la 3A di arborea con i prezzi correnti e la situazione attuale della crisi non riuscirà a competere con i prezzi che ha..ci sono troppi capi da sfamare li dentro e soci da ofuscare con finte promesse,bisogna tagliare sprechi di stipendi regalati alla direzione e puntare sulla competitività sulle aziende non sarde…
continui cosi la 3a arborea nel dare il suo prodotto a prezzacci alla grande distribuzione e abbandonare la tentata vendita e pagare grandi stipendi a inutili manager e pagare a prezzo vile il latte ai poveri soci e ben presto si sentira il grande tonfo…..amen..