Nuovo Congresso del Partito Sardo d’Azione: si ricicleranno tesi mai applicate?
Arriva il nuovo congresso del Partito Sardo d’Azione. Un piccolo evento, come sempre.
La tesi che ne emergerà sancirà la linea politica del partito, in continuità con i dettami del suo statuto organizzativo.
Eppure, quello di cui oggi bisognerebbe parlare non sono le tesi, ma i contenuti mai applicati delle tesi che nel corso del tempo sono state proposte.
Lo dico con rammarico, i congressi sardisti, così come i dibattiti di altre sigle indipendentiste, sono divenuti dei puri e semplici rituali, nei quali le stesse persone si ripetono fra loro le stesse cose da anni. Ma le Repubbliche non si costruiscono con gli applausi di fine discorso.
Sui temi essenziali non è rimasto molto da dire: che alla Sardegna serva sovranità fiscale è noto, che la Lingua Sarda meriti maggiore attenzione è altrettanto noto, che bisogni riscrivere lo Statuto Sardo, con le sue relative competenze, lo sappiamo da non meno di 35 anni. E d’altra parte, era già nato monco. Nel mondo del 2012, l’Autonomia del 1948, salvo alcuni articoli all’avanguardia, ricorda vagamente lo status delle Regioni ordinarie.
Il sardismo ha cessato di produrre innovazione, che, paradossalmente, spesso arriva più da altre aree del nazionalismo Sardo che non dal partito che il nazionalismo ha contribuito a diffonderlo. Se oggi l’indipendentismo sta maturando verso posizioni riformiste non lo si deve al sardismo (che pure in passato ha tracciato una strada) ma alla società contemporanea, in particolar modo ad internet, grazie al quale anche il medesimo sardismo è rimasto influenzato dal proprio passato. Ma forse non abbastanza per determinare un maggior impegno dei suoi eletti. Senza falsa modestia si può affermare che U.R.N. Sardinnya sia stata una delle voci riformiste più autorevoli in tal senso.
E allora quali interrogativi deve porsi il partito più antico dello Stato Italiano e della Sardegna? Probabilmente quelli sulla costante inefficacia della sua azione politica. Il divario, ormai classico, fra gli eletti e i dirigenti del partito (questi ultimi talvolta piegati al volere dei primi, altre volte assenti). Nonché la distribuzione delle cariche nel territorio. E’ uno dei vari motivi che nel corso dei decenni, e fin dal secondo dopoguerra, ha posto le basi dell’antisardismo (ved. articolo di Sa Natzione). Lo stesso Emilio Lussu (che lascerà il partito per dedicarsi al socialismo italiano) riconoscerà nel PSD’AZ una struttura meramente elettorale, fatta di “avvocati che si svegliano solo durante le elezioni”, per poi inabissarsi durante tutta la legislatura. Finché il ciclo non si ripeterà, elezione dopo elezione, spargendo illusioni nei confronti della propria base. E preconizzando una “riscossa di governo” che nei fatti, almeno fin’ora, non c’è mai stata (complice, non solo l’inazione di alcuni eletti, non tutti, ma anche il peso e l’azione dei partiti italiani).
Ci sono vari motivi che hanno determinato questa dinamica. Se da un lato il partito è riuscito a “sardizzare” il panorama politico regionale, dall’altro, la macchina amministrativa, la burocrazia, la cultura e il costume di governo dei vari alleati e persino un certo triste conformismo italico, hanno “italianizzato” il partito, annullandone la spinta riformista e sovranista, e conducendolo sulla strada dell’ordinaria amministrazione, cioè ben distante da qualsiasi progetto concreto di riforma delle istituzioni regionali. Progetti ridotti alla retorica e ben lungi dal tradursi in realtà.
In effetti, l’odierno recupero del tema della zona franca nel sardismo ricorda vagamente gli annunci pre-elettorali di Silvio Berlusconi e del suo slogan “aboliremo l’ICI/IMU”. Demagogia da superare e che nella storia del sardismo ha causato non pochi danni: per chi non lo sapesse, anche il Partito Sardo d’Azione sostenne attivamente da posizioni di governo l’epoca della “Rinascita” e dell’industrializzazione pesante della Sardegna. Un modello di sviluppo importato e lontano dalla naturale vocazione economica del territorio che oggi presenta il conto sociale ed ambientale con cui le nuove generazioni dovranno confrontarsi. O pensiamo al tema della “Flotta Sarda SPA”, dove il partito, in sintonia con il costume statalista della “Prima Repubblica”, non si pone scrupoli nel rigettare la propria anima riformista a favore di quella propagandistica, inconcludente e tendente a mettere le mani nelle tasche dei contribuenti per “risolvere” sulle spalle della collettività ogni problema economico del territorio. In questi termini il sardismo pare addirittura configurarsi come l’appendice esecutiva dell’assistenzialismo italiano. E questo differenzia oltremodo la pratica amministrativa dei sardisti da, ad esempio, i nazionalisti moderati al governo della Catalogna e della Scozia. Non a caso questi ultimi, al contrario del sardismo, non si limitano agli annunci ma producono riforme.
Il vuoto e l’inazione del PSD’AZ finisce poi per dare nuova linfa all’antisardismo ed a componenti dell’indipendentismo poco attente alla necessità di riformare le istituzioni nell’isola e tendenti ad emulare (con le chiacchiere) propositi di ribellione verso lo Stato. Talvolta evocando addirittura la figura di Giovanni Maria Angioy che, al contrario di questa fascia odierna di indipendentisti, aveva un progetto.
Il particolare contesto storico del ’900 e lo sviluppo del “sardismo diffuso” hanno consentito al PSD’AZ di reggere i vari urti, interni ed esterni, con il quale è sempre sopravvissuto, ma oggi servono i fatti. Il partito dovrebbe alleggerire la sua struttura organizzativa e, sotto il profilo politico, varare un piano programmatico incentrato sui primi 100 giorni di governo alla guida (in coalizione) della Regione. Le riforme non possono più essere rimandate a data da destinarsi. Il PSD’AZ non potrà durare per sempre basandosi esclusivamente sul prestigio del nome conquistato nel passato.
Come U.R.N. Sardinnya non crediamo tuttavia che il Partito Sardo d’Azione debba sciogliersi, quanto piuttosto evolversi, accentuandone la componente liberale. Proprio il PSD’AZ, senza rinunciare alla sua simbologia, potrebbe diventare la base di un Partito Nazionale Sardo/Partidu Natzionale Sardu, capace di attirare altre sigle politiche analoghe e contribuendo a ridurre la frammentazione di ben 13 movimenti autonomisti ed indipendentisti Sardi (il ché non significa arrivare ad un partito unico). Adottando anche le primarie come strumento di selezione della classe dirigente, e tenendo inoltre presente che non bisogna sempre stare in maggioranza ma anche all’opposizione.
Grazie per l’attenzione.
Di Adriano Bomboi.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
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argomentazioni,idee ed osservazioni con le quali potrebbe avviarsi un confronto-dibattito. Senza pregiudizi ma ricercando la mediazione possibile, poichè a ben guardare,non è utopia, potrebbe essere a portata di…mano per scrivere un unitario manifesto-programma di riforme necessarie,attuabili poichè indifferibili. Un’osservazione sulla fotografia che accompagna questa “opinione”. Siamo verso i primi anni 20 del secolo scorso: i Sardisti sono di Armungia. Grazie per l’attenzione.
Signori cittadini fratelli e sorelle Sardi/e io sono una persona come voi, ma vi dico in sincerità che fin che ognuno di noi come abituato da sempre guarderà i propri interessi il suo piccolo orticello, siamo destinati a fallire! Questo e quello che vogliono e politici,potenti italiani ed italianisti!! Fino a che noi guarderemo i nostri piccoli interessi non potremmo vedere quello che loro fanno a
lle nostre spalle… è arrivato il momento storico in cui dobbiamo per forza di cose avere una visione globale di quello che sta succedendo nel nostro paese ed in tutta Europa!! Stanno vendendo il nostro futuro e quello dei nostri figli, anzi svendendo! Contando sul fatto che noi non ci uniremo mai perché troppo egoisti ed impegnati a sbancare il lunario non ci accorgeremo di quello che succede, noi nel nostro piccolo crediamo in un grosso movimento Sardo sotto un unica “Bandiera” dove tutti hanno voce e posso esprimere il loro pensiero libero da censure e manipolazioni, dove l’ IO non è importante ma il Noi! Tutti insieme tutti uniti per una causa comune riprendere in mano il nostro destino e la nostra dignità di popolo!!!
E’ arrivato il momento storico in cui dobbiamo per forza di cose avere una visione globale di quello che sta succedendo nel nostro paese ed in tutta Europa!! Stanno vendendo il nostro futuro e quello dei nostri figli, anzi svendendo! Contando sul fatto che noi non ci uniremo mai perché troppo egoisti ed impegnati a sbancare il lunario non ci accorgeremo di quello che succede. Noi nel nostro piccolo crediamo in un grosso movimento Sardo sotto un unica “Bandiera” dove tutti hanno voce e possono esprimere il loro pensiero libero da censure e manipolazioni, dove l’ IO non è importante ma il Noi! Tutti insieme tutti uniti per una causa comune riprendere in mano il nostro destino e la nostra dignità di popolo!!!
[...] voler promuovere. Le avvisaglie di questo declino culturale c’erano già tutte in partenza (Sa Natzione, 01-10-12). D’altra parte i sardisti in quanto ad innovazione nell’ultimo anno hanno prodotto [...]