La proposta sulla caccia: un registro delle compagnie impegnate nell’attività venatoria
“L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile: prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione”.
(Att. Oscar Wilde, 1854-1900).
In Sardegna c’è un pericolo pubblico che ogni anno uccide e ferisce decine di persone, la caccia.
Nella stagione venatoria 2010-2011 in Sardegna ci sono stati 4 morti, tutti cacciatori, e 11 feriti, dei quali 10 cacciatori e 1 persona comune, una ragazza che cercava funghi.
Nella stagione 2011-2012 vi sono stati quattro morti e quattordici feriti.
Nella stagione 2012-2013, al 16 novembre, abbiamo già avuto 4 morti in 7 giorni e 5 feriti.
Inoltre, che possa considerarsi “sport” o “leale agonismo” una contesa fra due esseri viventi (uomo/animale) posti su piani e condizioni tanto diverse è un argomento alquanto discutibile, e non è questa la sede idonea per affrontarlo.
La caccia ai giorni nostri non è indispensabile, se non nella misura di limitare la proliferazione di alcune specie di selvaggina, ma bisognerebbe domandarsi se questo compito debba essere svolto dai privati o dal Corpo Forestale. Nel 2012 l’uomo non ha neppure bisogno di cacciare per nutrirsi, ciò premesso, ritenendo utile la proposta del Gruppo di Intervento Giuridico per una moratoria (ed una riflessione) sulla caccia, allo stato attuale bisogna tuttavia occuparsi di mettere in sicurezza quanti intendono proseguire tale attività, avendola sempre condotta nel pieno rispetto delle regole.
Utile introdurre delle norme di sicurezza avanzate, prima per la formazione del cacciatore, e poi per la messa in pratica dell’attività venatoria. La legislazione che regola l’attività della caccia dovrebbe inoltre prevedere delle misure restrittive anche su quelli che sono gli spazi destinati alla pratica, che devono essere delimitati e non ad uso comune, visto i tantissimi incidenti in cui vengono coinvolte persone che si trovano accidentalmente nel bel mezzo di una battuta di caccia. Pensiamo al caso del giornalista Francesco Giorgioni, che ha fatto un esposto alle autorità contro l’infrazione alle esigue regole in materia già esistenti e per il diritto all’incolumità nella libera circolazione dei passanti nei periodi di caccia, o pensiamo ai casi in cui diverse compagnie si ritrovano ad operare contemporaneamente nello stesso ambiente.
Una legislazione più severa dovrebbe disciplinare con meno disinvoltura il conferimento delle licenze per il possesso e l’uso di un arma da fuoco; dovrebbe escludere dalla partecipazione alla caccia i minori di 18 anni, indipendentemente dal ruolo ricoperto nella stessa (anche se privo di armi), e dovrebbe impedirne l’accesso, previa certificazione, a chiunque sia sottoposto a trattamento farmacologico di tipo psichiatrico, a chi abbia precedenti penali, problemi legati all’alcolismo e all’assunzione di sostanze stupefacenti.
Bisognerebbe introdurre corsi obbligatori di formazione. In merito a questo aspetto è utile istituire in Sardegna dei centri di formazione obbligatoria, sull’etica venatoria, accademie di cultura faunistica e di preparazione alla caccia (già presenti in altre parti d’Italia, che possano formare l’individuo prima e dopo la ricezione di un porto d’armi). Si dovrebbe attivare – anche attraverso una raccolta fondi dei partecipanti alle battute di caccia – un organismo di sicurezza privato riconosciuto, in grado di controllare che non si attuino opere di bracconaggio, che non si commettano infrazioni, come per ogni competizione sportiva, includendovi una preparazione per il primo soccorso in caso di infortunio.
Inoltre, per fornire strumenti di auto-osservazione e per la prevenzione degli incidenti di caccia, una modalità, che può essere efficacemente affiancata ad un regolamento maggiormente severo, è quella di formare il cacciatore alla riflessione sui propri comportamenti ormai automatizzati, mediante la compilazione del modulo di prevenzione degli incidenti di caccia, già utilizzato nella regione Umbria dalla Dott.ssa Emanuela Mazzoni, che consiste nella compilazione di un questionario, dal quale, con lo studio dei risultati saranno definiti i tratti psicologici e le caratteristiche personali di ciascun individuo. Alla conclusione della somministrazione del questionario e a seguito della sua rielaborazione, saranno distribuiti i grafi di personalità emersi e si proseguirà con una conferenza, in cui dei medici specializzati si cureranno dell’interpretazione dei risultati. Compito che potrebbe essere delegato ad un ufficio delle locali ASL, che dovrebbero fornire il nulla osta.
A cura di medici veterinari, esistono anche dei corsi di preparazione rivolti a coloro che desiderano approfondire l’attività venatoria e preparare il loro cane per superare le necessarie prove attitudinali, aspetto da introdurre sistematicamente nel nostro quadro venatorio.
Ma urge soprattutto inasprire i controlli e le sanzioni amministrative (e penali) nei confronti dei trasgressori, mentre appare più che mai opportuno ampliare il concetto del registro sull’attività venatoria, introducendolo per ogni compagnia di caccia (come proposto anche da Lallo Manca, a Nuoro presidente provinciale dell’Unione Caccia), un registro dei ruoli e dei profili individuali a cui integriamo le nostre proposte: una documentazione in cui sia presente la certificazione di idoneità alla pratica; che contempli l’introduzione di un test sul tasso alcolemico nel sangue, prima e dopo l’attività, da effettuarsi per estrazione su almeno uno dei nominativi dei componenti della singola compagnia. Che venga inoltre registrata la quantità e la tipologia delle armi e delle munizioni utilizzate; la precisa località in cui dovrebbe tenersi la battuta di caccia; che il compito della verifica del registro sia assegnato al Corpo Forestale e/o alla Polizia Municipale competente per territorio, e che ogni dato sia classificato ed archiviato in un apposito ufficio.
Di Roberto Melis.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
I corsi di formazione potrebbero effettivamente essere utili. E anche interessanti e piacevoli. Trovo assai assurdi i test attitudinali, il coinvolgimento di medici, di ASL, ecc, ecc. E mamma mia! Ma dove stiamo andando a finire? Proprio nella nella didascalia che apre l’articolo del Sig. Melis, è riportata la frase di Oscar Wilde in cui si dice:
“L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile: prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione”. E allora vogliamo limitare la caccia solo a chi ha compiuto 18 anni? Stiamo attenti che siamo noi i primi a reputare “bamboccioni e bambinoni” i nostri ventenni, che effettivamente trovano ancora riparo sotto la gonna di mamma, in particolare da quando è stato anche abolito il servizio militare obbligatorio. Quindi cosa dovrebbero fare, se non acquisire esperienza? La caccia non è solo armi, sangue e competizione sleale, ma anche amore per la natura e sopratutto vita in campagna anche in condizioni avverse (che non fanno poi così male, sopratutto per chi fa vita sedentaria), rispetto e conoscenza dei luoghi, attività fisica! Nel mio paese (Oliena) i cacciatori inoltre si organizzano e svolgono a loro spese un efficacissimo servizio antincendi e controllo del territorio per ben 4 mesi all’anno, sono sempre presenti nel sociale e, in alta montagna (Corrasi-Supramonte) hanno restaurato e sistemato perfettamente gli antichi ovili abbandonati, rendendoli fruibili a tutti e trasformandoli anche in ottimi e sicuri rifugi, sempre provvisti di acqua, cibo, medicinali vari e caffè, in cui hanno trovato riparo molti visitatori che si sono persi o sono stati intrappolati dalla neve o la nebbia improvvisa. Non solo, ma anche restaurato e ingrandito molti “lahos e presethos”, ovvero i laghetti naturali che si formano nel calcare e dove si abbeverano per primi gli animali selvatici, a cominciare da quelli protetti, viaggiando a spalle o a dorso d’asino il materiale e l’attrezzatura. Stiamo attenti quindi, che incidenti ne accadono anche in macchina, al lavoro, in casa ecc, ecc. Non drammattiziamo troppo la caccia e i suoi protagonisti e lasciamo che i giovani acquisiscano esperienza e si confrontino con la caccia, la flora e la fauna. L’integralismo ambientalista, fa male como quello del fanatismo venatorio. SALUTI.
P.S. IO NON SONO CACCIATORE.!!
“Moratoria sulla Caccia”?
Ma it’est: unu depet esser contr’a sa catza ammarolla??? Boh, non apo cumpresu…
Chìe l’at pedida, custa moratoria?
Pro su restu ‘e s’articulu, Melis m’agatat de acordiu. Ma de acordiu meda soe cun a Antoni Putzu puru.
Purtroppo, se esistono incidenti gravi, in cui vengono ferite persone che sono estranee a quella battuta di caccia, vuol dire che si deve ripartire dalla base, cioè dall’origine di questa attività. E’ impensabile che una persona qualunque, che si fa una passeggiata nel monte debba correre ai ripari perchè i cacciatori l’hanno scambiata per un cinghiale. Quindi ripeto, ci si può preparare alla caccia con altri metodi più innovativi e si possono introdurre nuove regole per far si che la caccia si attui in una condizione di sicurezza maggiore, a differenza degli anni passati in cui sono successi degli incidenti. Fra pochi giorni saremo nel 2013, perchè ripetere gli errori del passato se possiamo disporre di strumenti più innovativi e di regole più moderne? E’ questo che intendo per esperienza, gli errori degli anni passati e gli incidenti successi in passato. Ho inserito per questo motivo la frase di Oscar Wilde. I test attitudinali si effettuano in Umbria dalla Dottoressa Emanuela Mazzoni, e l’ho inserita nell’articolo anche perchè sta dando dei buoni risultati ed è utile trarre dei profili psicologici per qualsiasi lavoro, o attività sportiva, figuriamoci per la caccia. Nemmeno io sono un cacciatore, ma sicuramente una persona che sta al mio fianco con un arma da fuoco, se non la conosco, non mi sento al sicuro.
Credo che la caccia ,ossia la soppressione di altre forme di vita,non possa essere definita uno sport,che dovrebbe basarsi su una leale competizione con l’altro e non sulla sua uccisione.In un epoca di abbondanza di persone obese non abbiamo certo bisogno di procurarci il cibo in questo modo,pertanto la caccia è superata anche dall’evoluzione economica della nostra società.Inoltre l’invadenza delle attività umane ha fortemente limitato gli habitat a disposizione delle altre forme di vita,con la conseguenza che la caccia diventa un fenomeno che rischia di estinguere le già esigue popolazioni di fauna selvatica.Perciò occorre educare le nuove generazioni in modo che abbiano un diverso approccio con l’ambiente della nostra bellissima isola e delle forme di vita che lo abitano,e che la loro tutela sia fonte di sviluppo economico e sociale,e l’usufruire di questa meravigliosa natura il vero sport.
Si, ma dobbiamo stare attenti a non esagerare e a non criminalizzare la caccia e i cacciatori. Si sta puntando troppo, in Sardegna e in italia a scaricare responsabilità di presunti ritardi nella “civilizzazione” alla mancanza di rispetto della flora e della fauna. Troppo spesso i vincoli e le restrizioni si abbattono su chi, per pochi giorni all’anno, pagando cifre esorbitanti all’erario, ammazza qualche cinghiale o qualche tordo, oppure porta i suoi armenti a pascolare in zone che spesso, erroneamente vengono ritenute da fantomatici tecnici “a rischio”! Salvo poi permetteree costruzioni folli e pazzesche non appena qualche sceicco o qualche industriale di turno promette economia e lavoro che spesso trovano il tempo che trovano. Oppure eco-mostri che non vengono neanche terminati e abbandonati al loro destino e si possono fare decine di esempi. Quindi per carità, abbassiamo le canne nei confronti delle doppiette e dei pastori.
Giusto, Pietro: imponiamo agli altri di NON andare a caccia solo perché non piace a noi e motiviamolo arrampicandoci sugli specchi, con pretesti attaccati a scotch che non stanno in piedi!
Ripeto: uno deve essere malvolentieri contro la caccia? Se lo scrivo in italiano, lo capisci?
Tengo a precisare che io non vado più a caccia da anni, non sono mai andato spesso (poco, in confronto a molti miei compaesani e coetanei) e che facevo solo la “ghirrìta” (quello che deve urlare).
La caccia NON è estinzione di specie animali, almeno non quella di oggi. Non siamo mica i boeri che hanno estinto i “dodos” nel Cinquecento o quei coloni che hanno estinto un canide australiano negli anni Venti!
Forse tu ti confondi col bracconaggio, che è una pratica veramente dannosa, oppure hai un propagandistico concetto di caccia che ti fa vedere le cose diversamente da come stanno…
Caro Marco Antonio,io non impongo niente a nessuno, né ho intenzione di criminalizzare qualcuno.Sono semplicemente una persona che ha una sua opinione su un determinato argomento,che probabilmente viene anche condivisa da molti altri,e che non faccio altro che esprimerla in modo da contribuire al dibattito determinato dall’articolo di Roberto Melis.Poi ognuno è libero di pensarla come vuole,ma bisogna anche essere democratici e accettare il parere degli altri.
Lodè, un’altra tragica battuta di caccia
Giovane muore nel giorno del suo compleanno.
Aveva compiuto diciotto anni oggi, e in auto custodiva la torta per la sua festa di compleanno. Un giovane di Lodè è stato ucciso in tarda mattinata, verso le 13.15, dal proiettile partito dal fucile di un compagno di caccia, nelle campagne di Portellitos lungo la provinciale 3 che collega Lodè a Lula. Alle falde del Montalbo la battura era praticamente conclusa.
http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/299807