La semaine francaise: A Parigi fra Napolitano, indipendentismo, Gaza e…Angioy

Parigi, centro di arte, storia, cultura e politica. E per intenderci, si tratta anche della metropoli che ospitò i nostri più celebri Sardi ogni qualvolta furono costretti a fuggire dai governi italici che avrebbero preferito vederli morti. Fu il caso di Giovanni Maria Angioy, protagonista della rivoluzione anti-feudale di fine ’700, purtroppo fallita, e fu anche il caso di Emilio Lussu, celebre antifascista sardista nella prima metà del secolo scorso.

Oggi i tempi sono cambiati, al punto che se siete indipendentisti, in una settimana di fine novembre potreste ritrovarvi a non poter attraversare il centro di Parigi a causa del passaggio del Capo di Stato Italiano. E’ comunque una conquista della democrazia, i confini sono stati abbattuti, anche se ben altri rimangono da superare, come quelli a carico delle minoranze nazionali. Infatti, fra retorica e fanfare, Napolitano al suo passaggio avrebbe avuto bisogno di trovarsi non il tricolore ma i 4 Mori.

Il suo incontro con Hollande ci ha fornito due elementi di riflessione: il primo riguarda l’organizzazione dell’evento e la partecipazione popolare, perché la parata equestre e l’imponente dispiegamento di sicurezza, a fronte di una sparuta trentina di spettatori (più incuriositi che interessati), ha dato l’ennesima conferma di come vengano inutilmente spesi i soldi dei contribuenti di Stati centralisti. Il secondo riguarda l’effettivo peso internazionale dell’Italia, probabilmente esistente solo nei discorsi di Napolitano e di qualche funzionario del Quirinale. Pensate, il giorno seguente, nell’edizione cartacea di Le Figaro, uno dei maggiori quotidiani francesi, non c’era mezza riga di commento alla visita istituzionale dell’Italia alla Francia. E in effetti non c’era nulla da dire.
I telegiornali della sera non sono stati da meno, ed hanno preferito concentrarsi sui temi del momento: il declassamento del rating della Francia; la crisi interna all’UMP (il partito dell’ex presidente N. Sarkozy); la sfida lanciata dal britannico Cameron a questo modello di Unione Europea e la politica comunitaria sull’agricoltura (su quest’ultimo punto, immaginare un analogo dibattito mediatico in Italia e/o in Sardegna sarebbe fantascienza). Ma poi l’italiano chi lo capisce?

La perla culturale si è presentata nell’emittente France 5, il programma “Les grandes questions”, abitualmente partecipato da sociologi, demografi, filosofi ed intellettuali vari impegnati a dibattere sui grandi temi della società, si è orientato a parlare anche di indipendentismo. In un passaggio degli interventi si è sottolineata la differenza fra il robusto sentimento nazionale della Francia rispetto a quello più debole di altri Paesi, fra cui Spagna e Italia, in cui al loro interno vi sono diverse minoranze nazionali. Ma in quella sede non c’è stato alcun accenno alla Corsica o alla Bretagna.

Le minoranze nazionali sono apparse non sulle TV ma sulle strade di Parigi. Uscendo dal Musée d’Orsay, di fronte alla Senna, avreste potuto imbattervi in una manifestazione di palestinesi pro-Gaza, contro l’intervento militare di Israele. L’evento, organizzato dall’Association France Palestine Solidarité, invitava la compagnia France Télécom-Orange a rompere il suo accordo con una analoga società telefonica israeliana, come rappresaglia commerciale nei confronti di Tel Aviv. Ecco il volantino che io ed altri passanti abbiamo ricevuto: PDF. A prescindere dai torti e dalle ragioni di entrambe le parti in causa, israeliana e palestinese, c’è stato un aspetto da ricordare sui giovani, sugli studenti, sugli arabi e sui francesi vari che hanno partecipato a tale manifestazione: non c’era l’ombra di radicalismo e antisemitismo.

Chissà che opinione avrebbe avuto oggi Giovanni Maria Angioy del complesso rapporto fra gli Stati centrali e le loro minoranze nazionali. Della sua permanenza parigina sappiamo solo che potrebbe aver vissuto fra Le Marais e il Boulevard Malesherbes, ignota e senza nome la località della sua tomba d’oltralpe, una morte avvenuta in povertà e nella proverbiale indifferenza di tanti Sardi dell’epoca.
Ma non sarebbe ora che la Regione Autonoma della Sardegna tentasse una vera ricerca, magari finanziando una cooperazione con il Comune di Parigi, per cercare di riportare a casa gli umani resti del più grande patriota della Sardegna? Eventuali spoglie mortali potrebbero essere comparate con il DNA di eventuali discendenti del Comune di Bono (SS), cittadina natia dell’Alternos. Oppure, non essendo semplice ritrovare dei resti sepolti in qualche fossa comune dei vari cimiteri della città, quantomeno si potrebbe lavorare ad un museo/monumento da dedicare al triennio rivoluzionario Sardo.

Di Adriano Bomboi.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    • [...] 28 aprile 1794, die de sa Sardigna: I Sardi cacciano i piemontesi nel tentativo di modernizzare lo stato socio-economico dell’isola, i successivi moti antifeudali falliscono e la Sardegna torna nel pieno controllo della monarchia Sabauda, che attua una feroce repressione contro gli insorti. Giovanni Maria Angioy, protagonista degli eventi, morirà esule a Parigi. [...]

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