Bocciata mozione sull’indipendenza, discorsi dei Consiglieri Sardi da Prima Repubblica
C’è un fatto nuovo nell’aria, e come ben descritto dall’amico Carlo Lottieri, nella Repubblica Italiana del 2012, pensiamo al Sudtirol, ma soprattutto al caso Veneto (dove è stata votata la Risoluzione 44 in tema di referendum e sovranità), il classico sistema partitocratico ha subito una mutazione, ed in Regioni dall’alta specificità identitaria questo si sta progressivamente affrancando dalle metodiche centraliste che contrassegnano il suo operato nel resto del Paese. Ad esempio, persino la Lega Nord avrebbe maturato una propria dimensione locale, al di là delle classiche linee filo-padaniste, mentre il PD avrebbe assunto il ruolo che in passato fu del Movimento Sociale Italiano, quando sfoggiare la coccarda tricolore in difesa di un fragile Stato-nazione era esclusivo appannaggio della destra sociale di Almirante e soci.
Ma che differenze ci sono fra il Veneto e la Sardegna? Storicamente e politicamente non poche, per non parlare di quelle economiche. Eppure, se una Regione ordinaria come il Veneto (ma dall’alto profilo storico, linguistico e culturale) riesce a votare in maniera trasversale un documento che implicitamente riconosce il diritto a revisionare i suoi patti con lo Stato, mentre la Sardegna (Regione Autonoma) non riesce a fare altrettanto, allora ne converrete che il problema è più banale di quanto si possa pensare: si tratta infatti di un problema che attiene alla semplice sfera culturale della nostra classe dirigente, che in Sardegna, purtroppo, non solo non è in grado di interpretare una mozione per l’indipendenza come l’avvio di un processo e di una battaglia politica con lo Stato, ma non si trova neppure nella posizione per distinguere le ragioni del fallimento dell’Autonomia maturata nel secondo dopoguerra. Questo lo si evince chiaramente dall’analisi del discorso di Gianvalerio Sanna, consigliere regionale del PD, il quale, pur sentendosi legittimamente italiano e ritenendo non opportuna l’indipendenza della Sardegna, ha ritenuto non utile persino la riscrittura dello Statuto Autonomo. Nonostante egli stesso sia parte di quella classe politica che ha contribuito a non dare attuazione a quello tutt’ora vigente. Dunque opportunismo e miopia politica andrebbero di pari passo, perché a differenza di altre Regioni non comprendono che la reverenza allo Stato non porta benefici ma solo schiaffi istituzionali. Non a caso, la pochezza degli interventi sentiti nel Consiglio Regionale in occasione del dibattito sull’indipendenza sono dello stesso tenore di quelli tenuti all’indomani della proclamazione della Repubblica, nell’iter che portò all’approvazione dello Statuto Autonomo: “Sovranità si, ma non indipendenza, perché l’indipendenza è antistorica ed economicamente sfavorevole”. Questa in sostanza la frase che racchiude la somma dei luoghi comuni che, ieri come oggi, continua a presentarsi nella retorica della partitocrazia italiana a Cagliari, di destra o sinistra che sia, a seconda delle sfumature. Una classe politica ferma alla demagogia catastrofista del 1948, incapace di parlare di fiscalità e di cultura autoctona, lontana dal ceto popolare e persino dall’attualità europea ed internazionale, dove diverse minoranze nazionali, a prescindere dalle Costituzioni statuali di riferimento, proseguono nel loro democratico cammino per la conquista di maggiori poteri con cui esercitare la sovranità, in ogni ambito della sfera sociale, culturale ed economica della propria comunità (si vedano Scozia e Catalogna come esempi). Abbiamo una classe politica che ha fatto il suo tempo, la cui mediocrità non riesce a distinguere un dibattito sulla necessità di riformare i poteri che amministrano la vita del nostro territorio dal solito teatrino della rissa verbale fra la propaganda di centrodestra e quella di centrosinistra, avvolta in un servilismo ed una subordinazione verso le segreterie romane che non ha precedenti nella storia di alcuna Autonomia della Repubblica.
Siamo delusi anche dai Riformatori Sardi, i quali, sebbene abbiano tutte le ragioni di questo mondo nel contestare una maggioranza reticente agli esiti referendari sull’abolizione delle Province, hanno commesso l’errore di pensare che la mozione sull’indipendenza (più simbolica e politica che pratica) fosse una trovata estemporanea e circoscritta alla sola propaganda del Partito Sardo d’Azione nell’ambito della sua opaca permanenza nella Giunta Cappellacci.
Ma è proprio il sardismo a trovarsi in una posizione paradossale. Da un lato riscopre e porta avanti il tema della sovranità dell’isola, dall’altro pretende di avere seguito nonostante i due grossi fardelli che si trova sul groppone. Il primo riguarda il passato e il presente del PSD’AZ: può un partito che ieri come oggi non ha mai realizzato un terzo dei punti promossi in campagna elettorale pensare di essere credibile sul tema dell’indipendenza e sperare di usarla come strumento di pressione fiscale verso Roma? E il secondo: se il centrodestra non ha brillato per dare corpo alle promesse elettorali, c’è da aspettarsi di meglio da un dialogo puramente elettoralistico con un PD ridottosi a fare il verso all’MSI? Poniamo queste riflessioni pur trovando legittima la strategia sardista nell’evitare il marginalismo politico che fin’ora ha segnato le altre sigle indipendentiste Sarde. Ma c’è una terza riflessione da porre al PSD’AZ: dopo diversi tentennamenti è riuscito a parlare di lingua Sarda (vero perno politico di rivendicazione dei diritti nazionali), ma ancora oggi vorremmo capire se, quando e quanto intenderà dare seguito a tali principi reclamando il giusto apporto finanziario alla tutela ed alla promozione della Lingua Sarda. Riflessione che poniamo anche alla sardista Claudia Zuncheddu (Sardigna Libera), che ha comunque meritoriamente parlato dei disastri ambientali che stanno interessando la nostra isola.
In conclusione, due parole sulla bocciatura del referendum consultivo sull’autodeterminazione: come noto ai nostri lettori abituali, riteniamo intempestivo un referendum sull’indipendenza nel 2012 e pensiamo che questa possa arrivare solo a seguito di riforme graduali nel tempo. Ma se possiamo giustificare la pavidità di molti Consiglieri Regionali di fronte alla mozione sull’indipendenza, non possiamo comunque giustificare il pessimo messaggio mandato con la preventiva bocciatura di una consultazione popolare in materia di sovranità. Spetta solo al Popolo Sardo, e non ad un Consiglio Regionale, stabilire cosa farne del proprio futuro. Nelle democrazie occidentali l’indipendenza non può essere una scelta che si delega a qualcuno ma solo al proprio voto personale. Pertanto solo l’istituto referendario potrebbe esprimersi su questa affascinante ma complessa materia.
Di Adriano Bomboi.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi
Come sempre, mi trovo perfettamente d’accordo con il Direttore Bomboi. Quasi non so neanche cosa aggiungere all’articolo da come è perfettamente illustrativo di ciò che è accaduto in Consiglio Regionale e sulla impressionante miopia e sudditanza dei politici Sardi nei confronti di Roma, se non denunciare pubblicamente al Popolo Sardo e a questi traditori, tutto il mio sdegno e la nausea a sentire discorsi che reputo ormai “da folli” e l’ennesimo fallimento e auto-bocciatura da parte di noi Sardi stessi sulla nostra “Sovranità” e diritto all’autodeterminazione! Mi chiedo cosa costasse votare, anche in modo provocatorio, alla mozione dei Sardisti. Non li avrebbe arrestati nessuno, maledetti conigli! Lo hanno fatto i Veneti, i Catalani, gli Scozzesi che hanno votato per la propria Indipendenza e senza avere nemmeno la metà dei problemi che, a causa dello stato centrale ha la Sardegna, a cominciare dalle scelte occupazionali disastrose che hanno portato al 11% la disoccupazione nella nostra terra, oppure il costo proibitivo dell’energia (nonostante ce la produciamo noi e anche in maniera pulita), oppure il caro trasporti e il nostro non-diritto a poterci spostare liberamente come gli altri,, o ancora la svendita delle produzioni agricole locali, a tutto vantaggio delle importazioni dal continente o altre nazioni.Cosa sarebbe costato iniziare a dare segnali finalizzati solo ed esclusivamente ad ottenere rispetto da uno stato che, in effetti, di fronte al calarsi delle braghe dei nostri vili amministratori, ha solo mollato sonore penalizzazioni alla Sardegna e al suo Popolo! Mi chiedo quanto sia grande la sudditanza, la viltà e la falsità di politici come Gianvalerio Sanna che, quando si schierò con Soru nel movimento “Progetto Sardegna” (che anche se alleato col centro-sinistra si spacciava autonomista, per poi fondersi e sparire completamente nel PD nazionale), e per farsi votare gridava all’Autonomia della Sardegna ed a un più ampio diritto di autogoverno! E’ assurdo! Cosa ci vorrà ancora, perchè i politici Sardi si rendano conto di ciò che sta portando l’italia alla Sardegna e che bisogna dare segnali forti? Che ci portino alla fame, la miseria e l’umiliazione più totale? O che arrivino le milizie armate da Roma e facciano scempio della nostra gente, così come avvenuto in Corsica e nei Paesi Baschi? Continuo a essere disgustato da questa classe vergognosamente politica e dal mio Popolo che sicuramente rivoterà questi traditori che, alle nostre spalle, continueranno a essere sudditi di Roma e che, almeno a loro, continuerà a garantire privilegi e vita da nababbi, alla faccia nostra e quella dei nostri figli.
Bonas Pashas de Nadale a tottus (a bandas de issos).
In qualità di Direttore del blog DirittodiVoto ( http://www.dirittodivoto.org ), desidero ringraziare Adriano Bomboi per aver acconsentito a concederci di ripubblicare sul nostro blog la sua pregevole analisi dello sfortunato voto sardo. Con viva cordialità, Alex Storti
Grazie a voi per l’attenzione.
[...] alle Politiche del febbraio 2013). L’aspetto curioso è che, nonostante proprio il PD sia il nuovo baluardo del nazionalismo italiano, un movimento autonomista come lo SVP è riuscito a siglare un accordo al [...]
[...] del PAR.I.S. di Meloni), buona parte del nostro Consiglio Regionale, a differenza di quello Veneto, è rimasto sordo a questa iniziativa di libertà e di diritto. Dove porterà la vostra battaglia per sensibilizzare [...]