La Sardegna tra ambizioni e possibilità di crescita

25042007487-URN Sardinnya ONLINEDi Floris Maurizio.

La nostra isola è universalmente conosciuta per la bellezza dei suoi panorami, per la limpidezza dei suoi mari e, non ultimo, per una naturale vocazione all’accoglienza ed all’ospitalità dei suoi abitanti.
I tre fattori combinati garantiscono una stagione estiva molto intensa e abbastanza remunerativa a tutti gli operatori turistici, e contribuiscono a tenere in piedi un’economia regionale che, comunque, necessita di maggiore sviluppo.

Ampliando un po’ il raggio di veduta, però, l’importanza estrema che ricopre il settore turistico per la Sardegna mette spesso i nostri rappresentanti davanti ad un bivio: potenziare ulteriormente l’offerta o migliorare quella esistente e cercare di preservare l’ambiente?
Gli ultimi due governi regionali hanno avuto una visione diametralmente opposta, e il Piano Paesaggistico Regionale varato dalla giunta Soru, molto severo ed a tutela delle coste, è stato immediatamente sostituito da quello della giunta Cappellacci, che invece lascia molte più libertà di manovra ai costruttori ed agli operatori turistici.

Il nostro parere è che le coste andrebbero salvaguardate in modo assoluto, sono attualmente la nostra ricchezza più grande e sarebbe un suicidio economico (e di immagine) farle diventare una distesa di cemento come è accaduto, per esempio, in Romagna. Ma si sa, le “interferenze esterne e persino interne” sono molto più influenti di quanto non sia nell’opinione comune dei cittadini. In mancanza di una seria politica territoriale, dovremo attendere tempi migliori e lavorare affinché quella politica si concretizzi.
Tuttavia, preamboli a parte, il vero problema della nostra isola è che, oltre al turismo estivo, non c’è nessun altro settore economico capace di trainare la nostra economia verso standard più elevati e garantire una crescita dell’occupazione e del benessere dei nostri corregionali.
Neppure il settore manifatturiero e industriale, che pure garantiscono assieme al primario elementi importanti per il nostro PIL regionale.
Attualmente i livelli occupazionali reali sono drammatici, ed è difficile confrontarli con altre regioni del centro-nord italiano, ancor meno poi con quelli degli stati Europei più avanzati.

Pertanto bisogna agire in questa direzione: la nostra sfida più grande può essere quella di attirare capitali dall’estero offrendo servizi sempre più specifici e personalizzati, ovviamente senza lasciare che il territorio regionale venga invaso dal cemento, inquinato o deturpato in qualsivoglia modo. Dobbiamo migliorare le capacità di accesso al Credito, lavorare sulla riduzione dei costi energetici, promuovere meglio il territorio e formare quindi una classe imprenditoriale capace di alimentare un ciclo virtuoso sulla professionalità dell’offerta da destinare agli utenti.
Come percorso potrebbe essere valido quello della Finlandia, una nazione che fino a pochi anni fa era relativamente povera, e che ha saputo inventarsi un’economia basata sulle nuove tecnologie e sulle telecomunicazioni. La Sardegna rispetto al resto d’Italia con Tiscali fu all’avanguardia, ma il turismo rappresenta un’asse portante del nostro terziario su cui concentrarsi.
Piuttosto, la Finlandia è stata in grado di creare un senso civico nei cittadini di livello assoluto, sia sulle pertinenze economiche che sulla vita quotidiana.
Ecco, è in tal senso che vorremmo si muovesse la Sardegna.
Noi tutti siamo attaccati alle nostre tradizioni, soprattutto nelle comunità dell’interno, ma ci pare del tutto evidente che queste manifestazioni folkloristiche locali non siano in grado (salvo qualche caso isolato) di creare una ricchezza sufficiente e continuativa, né di far crescere civicamente e culturalmente i Sardi.
Soprattutto quando la cultura di un territorio non è inserita nella Pubblica Istruzione, come la storia.

Bisogna creare maggiori servizi e garantire la loro massima efficienza, servono migliori infrastrutture, serve un indirizzo strategico economico che guardi al medio/lungo termine e che garantisca una crescita graduale ma progressiva, è necessario fare in modo che le nostre intelligenze, e soprattutto le nostre eccellenze, rimangano in Sardegna e non vadano ad alimentare altre economie, creando alla nostra regione una doppia perdita. Una perdita che in periodi di crescita sarebbe ancora più rilevante.
Le potenzialità da mettere in gioco sono tante, ma prima di tutto occorre puntare sull’appetibilità della nostra isola a livello europeo o mondiale, ma non solo in campo turistico. Siamo frenati appunto da un sistema strutturale iniquo e persino da un sistema etico privo di moralità:
Siamo stati penalizzati da una classe dirigente che negli ultimi decenni non sembra sia stata all’altezza del compito che si era prefissata; che è stata assoggettata a tutti i voleri del “Palazzo” romano e che ha messo in innumerevoli occasioni, gli interessi di Roma, o peggio ancora, quelli privati, davanti a quelli della collettività Sarda.

Oltre a questo, essendo una regione italiana, abbiamo gli stessi handicap di quasi tutte le altre regioni: gli investitori esteri hanno mille riserve prima di puntare sull’Italia, non solo quindi per i succitati deficit strutturali ma anche per la pessima fama che abbiamo costruito sul piano dell’onestà e sulla scarsa affidabilità che le leggi e la Giustizia Italiana, con tutti i loro limiti, impongono al nostro tessuto socio-economico.
Chi potrebbe mai investire in un luogo simile?

“La Sardegna tra ambizioni turistiche, tradizionalismo e possibilità di crescita”.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Nazionalisti Sardi

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