Ci scrive Alberto Scanu di Confindustria Sardegna
Caro Bomboi, condivido quanto da Lei scritto in tutta la prima parte della Sua lettera. Riguardo ai temi dell’energia e della lingua sarda provo ad esplicitare ulteriormente il mio pensiero. Quanto afferma in tema di energia non è contrario rispetto a quanto da me affermato: io sono assolutamente a favore della generazione distribuita, immagino una Sardegna nella quale in pochi anni la maggior parte delle persone potrà produrre l’energia di cui avrà bisogno, ma prima di arrivare a quel punto dobbiamo evitare che la gente muoia perché non potrà pagare le bollette. Come possiamo evitare ciò? Pianificando, dicendo finalmente come vorremmo tenere “accesa” la nostra amata terra. Sarebbe un primo passo….
In merito alla lingua sarda ritengo che la dispersione scolastica abbia purtroppo una diversa origine, che deriva da un progressivo decadimento della qualità media del nostro sistema dell’istruzione e della formazione, intesa come raffronto con altri paesi più evoluti del nostro (nella mia intervista ho fatto riferimento al fatto che ci sono molti paesi europei che crescono mentre noi torniamo indietro). In merito poi alla possibilità di trovare lavoro, punterei più su altre competenze e conoscenze che sulla conoscenza del ladino o della lingua sarda, proviamoci!
In merito al richiamo al nostro straordinario patrimonio culturale Lei non fa che sfondare una porta aperta: Confindustria sostiene da tanti anni che la cultura potrebbe essere una delle prime industrie della nostra regione, ma per farla diventare un’industria, con la quale creiamo valore aggiunto (posti di lavoro, cibo per sfamare le persone etc), dobbiamo renderla fruibile, utilizzabile anche dagli altri, dobbiamo gestirla imprenditorialmente. I sistemi chiusi non portano ricchezza, è questo il messaggio. La lingua sarda fa parte di questa cultura, ma noi dobbiamo parlare tutti l’inglese (Lei stesso fa riferimento al fatto che in Africa parlano meglio le lingue straniere rispetto ai Sardi, ed è vero purtroppo!!). La cultura sarda è anche arte, architettura, paesaggio, artigianato (pensi allo sviluppo che potremo avere in questo settore con le stampanti 3D!), cultura dell’accoglienza, dell’amicizia e della solidarietà, cultura dell’alimentazione, insomma un modo di vivere, di stare insieme, magari con un pezzo di formaggio, un bicchiere di vino, in mezzo ai fantastici profumi della terra e del mare, insomma Sardinian lifestyle!
In merito infine alla nostra autonomia, Le assicuro che abbiamo le nostre idee, ci confrontiamo continuamente, io sono tra l’altro personalmente un sostenitore di molte delle tematiche sovranitarie, potrebbero essere un arricchimento ma non per isolarci, quanto piuttosto per sentirci più italiani e più europei!
Con viva cordialità.
Alberto Scanu, presidente di Confindustria Sardegna.
Ringrazio Scanu per l’intervento. Naturalmente in Sardegna non esiste un indipendentismo isolazionista, mentre esiste un indipendentismo che guarda più all’Europa e al mondo senza per questo rimanere estrema periferia d’Italia. Sulla dispersione scolastica i motivi sono certamente vari, il tema linguistico si è affacciato solo recentemente fra le concause possibili e mai seriamente approfondito (al riguardo consiglio il testo di prossima uscita del linguista Roberto Bolognesi). Non si tratta quindi di opinioni ma di constatazioni da approfondire. Ovviamente d’accordo con lei sulla valorizzazione del patrimonio culturale Sardo nel suo complesso.
Cordialmente,
Adriano Bomboi.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos
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Salve sig. Scanu,
scrivo questo commento al suo messaggio sperando che lei possa leggerlo. Sono d’accordo su alcune questioni che lei ha presentato qui, in particolare riguardo alla necessità di sfruttare e valorizzare di più il nostro immenso bagaglio culturale. La poca attenzione data al patrimonio archeologico sardo già citata da Adriano Bomboi è sconcertante, e la possibilità di sfruttare tecnologie come le stampanti 3D, cosa che ci porterebbe all’avanguardia sia in Italia che in Europa (le quali sembrano infatti volersi far sfuggire entrambe l’occasione, anche se per l’Italia in particolare non è niente di stupefacente o inaspettato) è un tema di primo piano e che meriterebbe più attenzione da parte di tutti.
La questione della lingua sarda però, francamente, ritengo che sia molto più complessa di così.
In primo luogo, per l’appunto, si tratta di una parte fondamentale della nostra cultura, una parte che non può essere rimossa senza gravi danni. Mi riferisco ad esempio a tutta la letteratura e la poesia in sardo, ed a tutto quell’insieme di manifestazioni che si fondano su di essa.
Ovviamente dovrebbero essere preservate anche solo per il loro valore intrinseco, ma questa è una discussione sull’economia e quindi parliamo del loro effetto in tale campo: le manifestazioni culturali hanno un’enorme possibilità di attrarre gente e denaro, così come ci è stato dimostrato negli anni da tutte le manifestazioni originatesi dal folclore dei vari paesi (si veda l’interesse e l’attrattiva suscitati dalle maschere tradizionali o dai costumi, che portano durante la cosiddetta “bassa stagione” decine di migliaia di persone nei paesi dell’interno ogni anno), dalla loro cucina etc.
Tali manifestazioni culturali e letterarie in sardo potrebbero quindi diventare il nuovo importante tassello di tale settore, ed ignorarlo sarebbe cieco come lo sarebbe stato anni or sono far scomparire le tradizioni locali (cosa che è accaduta in molti paesi, salvo poi far resuscitare tutto una volta che se ne era intravista l’utilità), ritenendo che l’unica attrattiva della Sardegna fosse il mare. Una lingua è più difficile da riportare in vita rispetto ad una manifestazione, per cui ogni giorno che passa è un giorno perso in maniera irreversibile.
In sostanza la gente è attratta dalla diversità e dalla ricchezza culturale della Sardegna, e viene qui appositamente per questo motivo. La gente viene qui perché la Sardegna è diversa sia dal resto d’Europa sia dall’Italia. E la maniera forse più netta per affermare l’unicità di un popolo è forse la sua lingua. Quale sarebbe quindi l’effetto della scomparsa del sardo in Sardegna? Semplice: toglierebbe alla Sardegna gran parte del suo fascino, della sua unicità, della sua immagine e quindi della sua attrattiva.
Ecco quindi la seconda motivazione: che lo vogliamo o meno il sardo è fortemente legato all’immagine della Sardegna, sia alla nostra che a quella altrui.
Riguardo all’inglese non vedo poi come esso si contrapponga alla lingua sarda, dato che è già insegnato nelle scuole con ore decisamente sufficienti (oramai dall’asilo fino all’università), e la scarsa conoscenza del quale può ad oggi derivare da due soli fattori: la poca voglia di impararlo o la poca bravura degli insegnanti, entrambe cose che col sardo hanno poco a che fare.
Tanto per fare un esempio: sia per chi studia sia per chi ha completato da tempo la sua istruzione (o almeno così ritiene) esistono corsi gratuiti di varie lingue straniere che vengono organizzati ogni anno dall’università di Sassari, ma le richieste di partecipazione sono ancora troppo poche. Non è certo il sardo che indebolisce l’inglese, ed anzi diventa utile per esercitare la mente a passare meglio da una lingua all’altra. Inoltre dà anche un altro tipo di vantaggi: ad esempio è noto che conoscendo sia l’italiano che il sardo sia sorprendentemente facile comprendere lo spagnolo, sia parlato che scritto, ed in misura minore il portoghese. Farlo quindi studiare e valorizzarlo può essere solo un vantaggio, e pure molto grande.
Cordiali saluti,
Luca Meloni