Il Liechtenstein riconosce il diritto di secessione, l’Italia condanna i reati d’opinione
La notizia è tutt’altro che nuova, ma rappresenta una sfida micidiale al diritto costituzionale dei maggiori Stati europei, soprattutto in tempi di referendum sull’indipendenza della Scozia e della Catalogna. Nel cuore del vecchio continente il Principato del Liechtenstein ha elevato a principio costituzionale il diritto di secessione (art. 4, comma II°).
Come ha illustrato puntualmente Luigi Pirri, per la prima volta nella storia del costituzionalismo contemporaneo, la riforma ha desacralizzato lo Stato moderno, superando una concezione statica dell’ordine politico. Il nuovo modello costituente revisiona ampiamente la concezione del diritto pubblico assegnando al cittadino ed alla comunità il primato della sovranità, e quindi la facoltà di modificare i confini geografici dello Stato:
“Ai singoli Comuni spetta il diritto di recedere dall’Unione statale. Sull’avvio del procedimento di recesso decide la maggioranza dei cittadini ivi residenti aventi diritto di voto. La regolamentazione del recesso avviene per mezzo di una legge o, se è il caso, con un trattato internazionale. Nel caso di una regolamentazione con trattato internazionale, dopo la conclusione dei negoziati riguardanti il trattato si deve indire nel Comune una seconda votazione”.
La riforma del 2003 presenta ulteriori elementi di straordinaria innovazione, ad esempio l’art. 113 istituisce il diritto popolare di abolizione della monarchia, per l’instaurazione di una Repubblica. Recita il primo comma:
“A non meno di 1.500 cittadini del Principato spetta il diritto di presentare un’iniziativa per l’abolizione della Monarchia. In caso di accoglimento dell’iniziativa da parte del popolo, la Dieta è tenuta a elaborare una nuova Costituzione su base repubblicana e a sottoporla, al più presto dopo un anno e al più tardi dopo due anni, a un referendum popolare. Al Principe Regnante spetta il diritto di presentare una nuova Costituzione da sottoporre al medesimo referendum popolare. Il procedimento, così com’è di seguito regolato, sostituisce in questo caso il procedimento di revisione costituzionale di cui all’art. 112 comma 2”.
Al pari del diritto di secessione, questa formula di democrazia diretta incide profondamente nella struttura dello Stato. Perché, attraverso una visione liberale, alla base di ogni riforma introduce la piena e incondizionata legittimazione della sovranità popolare. Aspetto ben diverso dal costituzionalismo italiano, dove la “libertà” non ha il diritto di modificare i confini dello Stato, e la cittadinanza che non condivide gli stessi principi ha il diritto di contestarli ma non di metterli in pratica. Ultimamente pare non abbia neppure quello di contestarli, come ha illustrato Carlo Lottieri definendo barbarie i reati d’opinione in Italia. L’attivista tirolese Eva Klotz è finita sotto processo per aver diffuso un manifesto in cui una scopa allontana il tricolore italiano, memore dell’occupazione sabauda nel territorio tirolese. Infatti nel diritto del bel Paese il vilipendio equivale al sacrilegio. La codificazione del bigottismo italiano, risorgimentale, fascista o repubblicano che sia, ci porta ad avere “progressisti” interessati ai diritti di tutti, meno che a quelli delle minoranze linguistiche e nazionali, che non sempre possono esprimere liberamente la loro opinione, ed i cui esponenti sono costretti ad adorare i feticci italici con le astrazioni ideologiche che li accompagnano.
Non dev’essere una coincidenza quindi se solo i comici possono definire la Costituzione italiana “la più bella del mondo”. Nel 2011 sul Wall Street Journal lo storico David Gilmour ha persino argomentato l’attuale ingovernabilità dell’Italia in base al suo passato preunitario, prima che il risorgimento imponesse una identità fittizia ai cittadini. Di tutt’altra pasta Hans Adam II del Liechtenstein, che per anni ha portato avanti una battaglia per il diritto all’autodeterminazione locale. Una dottrina politica che oggi trova un respiro internazionale, e che per questo principe illuminato fu di stimolo per l’apertura del Liechtenstein Institute on Self-Determination presso l’Università di Princeton (USA). Parte della sua formazione, di derivazione austriaca, deve anche la sua influenza al pensiero del giurista Leopold Kohr, primo teorico dell’efficienza di Stati piccoli rispetto agli Stati di grandi dimensioni, incapaci, per la loro stessa struttura, di assicurare il benessere alle varie caratteristiche della propria popolazione. Infatti fra le prime venti economie del mondo gli Stati piccoli continuano ad essere egemoni rispetto a quelli geograficamente estesi.
La pista è tracciata, a noi il dovere di percorrerla.
- Costituzione del Principato del Liechtenstein (TD – PDF).
Di Roberto Melis & Adriano Bomboi.
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U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos
[...] pone idealmente in linea con autori come Leopold Kohr (fra i primi teorici dell’efficienza di Stati piccoli rispetti a Stati maggiori), ma anche con la scuola austriaca, ed in particolare di un autore come Hans Hermann-Hoppe (di cui [...]