Quanto ci costa il mancato riordino delle Forze Armate?

Non sono passati molti giorni dalle ultime parole del Papa sulla crisi economica: ci sono famiglie che non mangiano per pagare gli usurai. E lo Stato che fa? Naturalmente continua a spendere dove non serve, mentre tanti servizi utili rimangono senza una buona copertura organizzativa e finanziaria.
Nella pubblica opinione ha destato clamore la decisione del governo di non rinunciare all’acquisto degli F35, mentre tanti cittadini si lamentano ogni anno per le varie parate militari, dei rituali nazionalistici destinati a rinsaldare il mito di una patria  che il 2 giugno del 2013 ci sono costati la bellezza di 1,5 milioni di euro, e altri 2,9 milioni nell’anno precedente. Una mole di denaro bruciata in poche ore, mentre i serbatoi delle auto dei Carabinieri rischiano di rimanere a secco durante il normale servizio di routine nel territorio. Ma al di là di questi temi, nel settore della Difesa esistono sprechi e inefficienze quotidiane a carico dei contribuenti che sono diventati impossibili da quantificare. Orientiamoci sulla Marina: ad esempio un settore di grande importanza che meriterebbe migliori investimenti è quello della Guardia Costiera. E’ un corpo tecnico della Marina Militare, regola l’utilizzazione dei porti e delle spiagge, opera a tutela dei commerci e vigila su tutte le attività e le pertinenze marittime. In caso di guerra, le guardie costiere possono essere impiegate nella difesa del porto, nel controspionaggio navale e nella perlustrazione litoranea. E come all’estero contempla ruoli di polizia, come membri effettivi delle forze dell’ordine, che sono in crescita in tutto il mondo, di pari passo con l’aumento di richiesta di sicurezza marittima per i traffici globali.

Ebbene, si deve considerare che proprio l’ente della Guardia Costiera presenta  carenza di uomini e mezzi, ed è sottodimensionato nei confronti della Marina Militare nel suo complesso. Basti pensare che in Sardegna abbiamo un piccolo incremento di mezzi e personale solo nei mesi estivi, mentre il servizio sarebbe di fondamentale importanza anche durante i mesi invernali. Osservando la maggior parte delle caserme Sarde della Guardia Costiera potrete notare diversi edifici vuoti in prossimità dei porti, a fronte, ad esempio, della continua e giornaliera attività dei pescatori, delle scuole di vela e del passaggio a distanza di imbarcazioni italiane e straniere. Tutte situazioni professionali e commerciali che richiederebbero un efficiente servizio di prevenzione.

Ma i problemi non si fermano solo all’ambito appena descritto. Lo Stato ha una pessima gestione del Ministero della Difesa nel suo insieme, incluso lo Stato Maggiore nelle sue varie articolazioni. Pensiamo alle paradossali e ben remunerate carriere dei militari, per cui si denota un grande numero di ufficiali dirigenti e un basso numero di forza lavoro (truppa), quest’ultima con paga ordinaria. Mentre il personale intenzionato ad elevarsi di grado deve intraprendere corsi che durano numerosi anni nelle scuole più disparate d’Italia, vincolando di fatto il diritto al miglioramento della propria carriera nell’ambito della professione. Siamo in presenza di una vera e propria aristocrazia militare, dove il privilegio concesso alle stellette rappresenta tutte le debolezze di una politica italiana che non ha ancora saputo adottare riforme strutturali del settore. D’altra parte chi vuole conservare rendite da migliaia di euro al mese (oltre ai vari benefit del caso), non manca mai di appellarsi al “patriottismo” come scusante con cui evitare consistenti tagli ai vertici della Difesa, considerata più “strategica” di quanto effettivamente lo sia, orientando dei tagli quasi sempre verso il basso, cioè verso la forza lavoro, i mezzi e la qualità generale del servizio.
Altro esempio emblematico è la la nave-scuola della Marina “Amerigo Vespucci”, notissima ai più, ma poco per la sua effettiva utilità pratica. Principalmente esegue attività di rappresentanza e svolge efficientemente l’attività di formazione per tanti studenti, ma soprattutto per gli allievi ufficiali dell’accademia di Livorno. La preparazione offerta dalla Vespucci è buona, il problema è che allo Stato non è minimamente necessaria la formazione di nuovi ufficiali (sempre a carico dei contribuenti). Si potrebbe perciò proporre un’altra destinazione alla nave, ad esempio utilizzarla come museo, oppure come nave-scuola privata. Pensate che mentre Renzi predica sviluppo, quest’anno la Vespucci è interessata da un opera di restyling che servirà per l’ammodernamento dei locali di vita dell’equipaggio, e per i nuovi impianti di propulsione, creazione e distribuzione dell’energia elettrica, per una spesa che per adesso si attesta a 22-25 milioni di euro da spalmare in più esercizi finanziari. La necessità di mettere in sicurezza la nave non è in discussione, ma la sua attività dovrebbe esserlo.
Inutile poi ricordare i drammatici criteri di gestione dei poligoni Sardi.

Gli sprechi però non finiscono mai, pensiamo alla crociera “commerciale” organizzata sulla portaerei Cavour in Africa e Medio Oriente, in cui a quanto pare lo scopo di divulgare il “made in Italy” ha riguardato principalmente le maggiori aziende belliche italiane, il tutto per un costo ai contribuenti di 7 milioni di euro (di cui altri 13 offerti da aziende italiane, guarda caso a capitale pubblico).

Ciò nonostante rimangono spazi di eccellenza per le nostre Forze Armate, pensiamo al lodevole lavoro di assistenza e salvataggio condotto durante i giorni dell’alluvione in Sardegna dal reggimento della Brigata Sassari.
Eppure è ora di sfondare il  muro di gomma del Ministero della Difesa. Aspettiamo una classe politica capace di affrontare una seria revisione della spesa in funzione di un servizio che sia più utile al cittadino e adeguato al contesto geopolitico attuale, in cui magari il ruolo dell’Italia sia ridimensionato alla sua effettiva influenza geopolitica, piuttosto bassa.

Roberto Melis.

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