Perché l’indipendentismo Sardo ha sempre rinunciato al terrorismo

Di Adriano Bomboi.

E’ comprensibile. Quando la situazione politica volge al peggio, esiste sempre qualche minoranza che cerca una scorciatoia per risolvere i problemi. In psicologia sociale studiosi come Leon Festinger, Henri Tajfel e John Turner giunsero a definire questo stato di minorità come “deprivazione relativa”. Si tratta di una condizione che nasce nel momento in cui un gruppo sociale ritiene di avere minori opportunità di emancipazione rispetto ad un altro.
Il senso di deprivazione può essere fondato o immaginario, ma i veri problemi nascono dal metodo con cui si sceglie di risolvere la situazione. Soprattutto nel momento in cui non tutti gli oppressi condividono la stessa battaglia politica. La filosofa Gayatri Spivak mise l’accento sulla categoria dei subalterni, cioè individui che finiscono per comportarsi in base alla logica dominante. Mentre Dietrich Bonhoeffer illustrò la categoria degli stupidi, cioè soggetti che, pur non vivendo particolari condizioni di degrado sociale e culturale, si conformano ai comportamenti egemoni, senza ragionare con la propria testa. E bisogna ammettere che in Sardegna questo brodo ideologico non è mai venuto meno. Eppure, nel caso del nostro indipendentismo, fondati motivi di sperequazione sociale creati dalla politica e da istituzioni centraliste, hanno indotto i Sardi, da diverse generazioni, ad attivarsi politicamente ed in modo democratico per colmare questo ritardo. Nessuno ha imboccato una scorciatoia armata contro lo Stato, né contro stupidi e subalterni vari.
L’aspetto singolare è che qualche volta, di fronte alla disparità di mezzi finanziari dell’indipendentismo in rapporto ai partiti italiani, qualcuno avrebbe potuto fantasticare di passare ad una soluzione militare. Perché se il contesto lo avesse richiesto, con ogni probabilità, decine e decine di Sardi, forse centinaia, sarebbero stati pronti ad imbracciare un arma contro lo Stato Italiano. Ma questa ipotesi non si è mai seriamente verificata. Tutti i movimenti indipendentisti Sardi hanno scelto la democrazia come unico spazio di rivendicazione politica.
Che cosa ha determinato questa tacita scelta nel corso degli anni? Considerazioni storiche, etiche e logistiche hanno inevitabilmente consegnato al Popolo Sardo una politica dalla forte impronta legalitaria e pacifista. Uomini come Emilio Lussu prima e Antonio Simon Mossa dopo, hanno promosso e rappresentato una vasta generazione di Sardi dove l’uso della violenza poteva essere consentito solo in presenza di un regime tendente a cancellare la nostra identità (fu il caso della resistenza contrapposta al fascismo), mentre in presenza di istituzioni democratiche, seppur di bassa qualità come quelle repubblicane odierne (data la loro scarsa inclusività sociale), si è scelta la competizione democratica come strumento di espressione nazionale. Perché? Perché il terrorismo si rivela sempre e comunque un arma a doppio taglio, dalle inevitabili implicazioni etiche: assassinare civili inermi non può essere considerato un atto di eroismo o di patriottismo (ed infatti anche i maggiori movimenti paramilitari indipendentisti occidentali in passato hanno rinunciato a tale pratica, come l’ETA nei Paesi Baschi o l’IRA nell’Irlanda del Nord). Uccidere civili non serve a coinvolgere gli stessi in una battaglia comune, ma crea l’effetto opposto, alienando l’opinione pubblica dai programmi autonomistici. I Sardi sono andati oltre: a differenza di ETA ed IRA, si è scelto di non attaccare neppure strutture e proprietà dello Stato. Impensabile assaltare con armi da guerra caserme militari e stazioni di Polizia con l’intento di assassinare altri Sardi nell’esercizio della loro professione. Sia perché per ragioni umanitarie non è accettabile l’assassinio in se (a prescindere dalla nazionalità e dall’orientamento ideologico della vittima), e sia perché, sulla scorta dell’esperienza scozzese, oggi sappiamo che anche tanti agenti e militari condividono le tematiche dell’indipendentismo (e riteniamo che potenzialmente, in prospettiva, anche il pubblico impiego seguirà tale ottica). Dopotutto, decenni di lotta armata in Spagna e Regno Unito hanno dimostrato l’inefficienza politica di strutture paramilitari rispetto alla necessità di sviluppare maggiori poteri istituzionali a vantaggio delle loro comunità. Non a caso Scozia e Catalogna, che hanno adottato un nazionalismo pienamente democratico ed inclusivo, hanno ottenuti migliori risultati politici (ad es. autonomia fiscale e culturale) rispetto a quei popoli senza Stato che hanno fatto ricorso alla violenza.
Vi sono infine delle considerazioni logistiche di cui tenere conto: una seria struttura paramilitare costa milioni di dollari. Sviluppare un arsenale, delle strutture e del personale qualificato (munito di una sezione di intelligence per il controspionaggio), richiede ingenti risorse che i Sardi – anche qualora avessero goduto di un valido coordinamento politico – avrebbero reperito con estrema difficoltà. Senza scordare il regime di clandestinità in cui l’organizzazione avrebbe dovuto operare.
Eppure la Sardegna non è rimasta immune a fenomeni eversivi, in particolare con una ideologia d’importazione. Pensiamo al castrismo cubano e agli anni di piombo che hanno attraversato la penisola italiana. Malgrado degli indipendentisti Sardi abbiano indubbiamente partecipato ad esercitazioni di tipo paramilitare ma a debita distanza da qualsiasi ambiente eversivo, queste si sono risolte in un nulla di fatto. La contestazione popolare seguita ai tardi anni ’60, con i numerosi gruppi dell’antagonismo comunista attivi nelle decadi successive, generò solamente alcune frange armate che non hanno mai seriamente influenzato le fila dell’indipendentismo. Pensiamo alla violenza di Barbagia Rossa (1978-1982), che fungeva da raccordo con le Brigate Rosse italiane; ed al Movimento Armato Sardo (M.A.S.), attivo dal 1983 al 1985 (a cui vennero addebitati dei regolamenti di conti travestiti da azioni separatiste).

Oggigiorno, chiunque pretenda di far brillare un ordigno ai danni di un simbolo dello Stato non verrà considerato un patriota ma un idiota. Un idiota che potrebbe causare danni alla già pessima immagine del nostro frantumato indipendentismo, e tutt’al più gioverebbe agli avversari (magari non disinteressati) che avrebbero così il pretesto per mettere in cattiva luce la causa dell’autodeterminazione.

Personalmente ho rinunciato persino al porto d’armi. Consiglio ai lettori di evitare potenziali pericoli in casa per i vostri figli, anche se sottochiave. La cronaca abbonda di drammatici incidenti domestici che è possibile prevenire.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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    8 Commenti

    • No comment. Mi sono stancata di farti i complimenti!

    • Puoi illustrare meglio ” hanno indubbiamente partecipato ” ? Mi sembra che non hai elencato il cosiddetto ” complotto separatista che vide coinvolti Pili, Piliu, Meloni e tanti altri. Con servizi segreti italiani e libici alla ribalta della stampa. Chissà quanti agenti provocatori e prezzolati o ricattati erano in ballo in una strategia della tensione alla sarda avente come unico e chiaro obiettivo arrestare il vento sardista. Un episodio caduto nell ‘oblio ma che se ne fossero chiariti tanti punti oscuri potrebbero essere utili per il presente. Chissà se nella liberatoria dai segreti di stato di Renzi sia compreso quel periodo. Quanti misteri e ambiguità potrebbero essere chiariti. Forze oscure hanno sempre tentato di armare le mani del sardismo senza riuscirci. Leggendo i giornali degli anni ’70 è possibile farsene un’idea. Meriterebbe una inchiesta giornalistica…

    • Ho tenuto fuori di proposito quella vicenda, sia per i contorni poco chiari in cui si è sviluppata, e sia perché pare proprio aver avuto una regia probabilmente esterna al nostro indipendentismo.

    • Eppure diversi protagonisti di allora sono ancora in servizio permanente effettivo…

    • Già…

    • Articolo straordinario, complimenti! Mi stavo chiedendo infatti perchè il sito non veniva aggiornato da un po’…

      Ah, dove si potrebbe trovare un po’ di materiale riguardante ciò di cui parla Mariocarboni?

    • Grazie per l’attenzione. Aggiorniamo abitualmente il portale almeno una volta al mese.

      Sul presunto complotto separatista non esiste una letteratura vera e propria ma articoli di stampa dell’epoca, talvolta faziosi.
      http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/07/12/agguati-guerriglia-sequestri-ecco-il-complotto-separatista.html

    • se il sardo partecipasse al campionato mondiale di servilismo lo vincerebbe a mani basse ma purtroppo gli hanno ordinato di non partecipare.

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