Quale autonomia per il futuro dell’isola? – Replica a Guido Melis
Inviato al quotidiano La Nuova.
L’interessante intervento di Guido Melis su La Nuova del 19 giugno merita alcune osservazioni. Secondo l’autore, in un mondo in cui le sorti dei popoli sono ormai interconnesse le une alle altre, come Sardi dovremmo abbandonare il vecchio ideale autonomista per integrarci sempre più e non per contrapporci allo Stato centrale. Il futuro sarebbe policentrico, cioè non esisterebbe più una sovranità verticale fra centro e periferia. Vorrei ricordare che la teoria della sovranità orizzontale non è nuova ed è stata già sostenuta da illustri pensatori della Scuola Austriaca e non. Tuttavia c’è una differenza capitale che distingue la visione di Melis, di impronta socialista, da quella, ad esempio, di un economista libertario come Hans-Hermann Hoppe. Secondo quest’ultimo, in un celebre volume pubblicato nel 2001, integrarsi in uno Stato centrale non porterà mai verso un vero policentrismo, né quindi verso la capacità di sviluppare meglio gli interessi territoriali, ma creerà sperequazione a danno delle minoranze, che verrebbero così vessate in termini economici, burocratici, culturali e linguistici. Esattamente ciò che sta accadendo oggi nell’asimmetria di poteri che vede inevitabilmente Cagliari piegata agli interessi di Roma. Al contrario, il pensiero liberale invita alla competizione, poiché porta a quella responsabilità (in particolare sul diritto all’esercizio di una fiscalità autonoma ed all’espressione della propria cultura) che rimuove alla base il problema della dipendenza e dell’assistenzialismo. In un mondo globale, essere autonomi, o meglio, indipendenti, non significa isolarsi, ma competere responsabilmente attraverso istituzioni che devono rispondere alle specifiche esigenze della propria comunità, senza che questo compito venga effettuato altrove. Ad esempio, la Confederazione Svizzera ha 26 sistemi fiscali concorrenti e nessun Capo di Stato, ma le riforme istituzionali di Renzi vanno in tutt’altra direzione, e col palese tentativo di sottrarre alle Regioni gli esigui poteri di cui dispongono, e non per darli ai Comuni, a cui rimarrebbero solo i costi. Sotto questo profilo la crescita dei movimenti indipendentisti europei – a favore di una libera confederazione di popoli unita dallo scambio commerciale – rappresenta una speranza di riscatto. Come Sardi dovremmo dare un contributo, a partire dalla riforma dello Statuto Autonomo regionale e con il formale riconoscimento della nazionalità Sarda.
Adriano Bomboi.
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